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Domenica, 13 Ott 2024

In Adriatico sono tornate le mucillagini la cui composizione potei analizzare, tra primi, nel 1989. Spenderò parole sul fenomeno in generale.

Nel ’89, la superficie del mare Adriatico si ricoprì di mucillagini pressoché per intero, dalla costa italiana a quella dell’Est, dal Veneto al Gargano e parte dello Ionio. Immagini satellitari (mai messe in rete) lo mostravano chiaramente.

All’epoca, ero presidente dell’Associazione S.O.S. Adriatico, un osservatorio indipendente nazionale, con sede a Rimini. Con un manipolo di deputati Verdi (quelli di una volta) facemmo un’ispezione, ospiti sulla motonave-laboratorio della Regione Emilia-Romagna. Lo spettacolo era da fantascienza.

Dicono che il fenomeno c’è sempre stato. Effettivamente la prima descrizione risale al 1700, ma ha sempre riguardato aree marine limitatissime, in situazioni particolari, e accadeva assai di rado.

Oggi è caratterizzato da quantità enormi di ammassi mucillagginosi che hanno raggiunto la massima intensità nel 1988, 1989,1991. Si è ripresentato nel 1992, 1997,1998, 2000 e 2001.

Una mole di studi e di ricerche ha dato risultati diversi su tutto: sono essudati di alghe microscopiche pelagiche (diatomee e, talvolta, dinoflagellate), ma anche di batteri in rapporto trofico con altri microorganismi: protozoi flagellati e ciliati . Sono polisaccaridi, a volte semplici e in altre occasioni complessi, a prevalenza di glucosio ma anche con diversi altri zuccheri. A volte si formano in superficie, assai più spesso su tutta la colonna d’acqua, fino al fondo, e altre ancora a livello dei fondali. Talvolta galleggiano raccogliendosi in superficie, altre volte si depositano sui fondali ove coprono tutto e provocano morte per anossia degli organismi la cui vita è legata strettamente al fondo, come la Posidonia, pesci, stelle e ricci di mare, molluschi, crostacei ecc...

Si forma spesso inizialmente come “neve marina”, piccoli agglomerati sub-sferici di diametro inferiore a un cm, che cominciano a inglobare diatomee e plancton in sospensione su tutta la colonna d’acqua. Questa “neve” appiccicosa si sposta sia orizzontalmente con le correnti, che verticalmente per le variazioni della loro densità e a seconda di cosa hanno appiccicato.

La successiva aggregazione porta alla formazione di “stracci” (stringers) lunghi circa 25 cm, che appaiono come comete ove si distinguono una testa (in alto) e una coda che sfuma verso il basso. Poi compaiono aggregati ancora più grandi (clouds) chiamati in vario modo: “palle di muco”, oppure “scie di muco”, che possono formare un manto a rete fitta e continua. Questi possono salire in superficie quando inglobano bollicine di ossigeno prodotte dalle microalghe che hanno accorpato e che fungono da micro-galleggiant ma in altre circostanze precipitano sul fondo come una coperta che fa strage di vita bentonica (=di fondo).

Quando sono in superficie in determinate condizioni si parla di “strato fermo gelatinoso” (gelatinous surface layer) straricco di bollicine che funzionano da idrostato influenzato dalla temperatura dell’acqua. A volte, di fronte a un mare trasparente più che mai (perché tutte le particelle in sospensione sono state appiccicate dalle mucillagini), le mucillagini si vedono salire e comparire all’improvviso: esito di un fenomeno che era iniziato assai prima e che era nascosto sotto la superficie del mare.

All’inizio le mucillagini affiorate sono bianche. Ossidandosi all’aria assumono un colore marrone-grigiastro e divengono una poltiglia di essudati, di inclusioni, di necromassa microbica in decomposizione. Sotto la spinta del vento le mucillagini in superficie danno origine a scie sub- parallele che ricordano il manto di una zebra.

Dicono, anche da fonti che dovrebbero essere autorevoli e indipendenti dalla politica tranquillizzatrice, che il fenomeno è normale e non produce danni.

Non è vero: oltre a inibire le attività balneari, è inibita la pesca perché le reti si appesantiscono con il muco appiccicato e non sono più governabili né issabili a bordo. Ma quel che più interessa sono i danni alla biodiversità: possono prodursi morìe estese di tutte le specie che vivono nei fondali in caso di sedimentazione, il che è piuttosto frequente.

Torniamo alle cause: ad oggi, più si studia e meno si capisce: esce fuori di tutto. Abbiamo fenomeni importanti in Adriatico che è un mare di bassa profondità in tutta la parte centro-nord, fortemente influenzato da apporti fluviali (il Po da solo apporta acqua al 50%), a scarso ricambio. È un mare piuttosto chiuso, posto all’interno del Mediterraneo, chiuso anch’esso.

Ma fenomeni estesi ci sono stati anche in ambiente pelagico in Giappone, nel Golfo del Messico, nella Manica… e da noi in Grecia e in Sicilia, in acque assai povere di nutrienti.

Devo concludere.

L’idea che mi sono fatto dalla letteratura scientifica e dall'esperienza sul campo, è che non esiste una causa che produce effetti, o più cause con effetti certi. La complessità delle situazioni differenti, del popolamento di specie microscopiche diverse, nella rete interagente dei fenomeni fisico-chimici e biologici è tale che - con scompensi legati al clima, alla modificazione della radiazione solare, del regime delle piogge, inquinamento, microplastiche - alla fine succede di tutto, fino al punto che la realtà arriva a superare la fantasia.

Una certezza è che il mare è la parte più abbondante ed estesa del Pianeta Terra che noi abbiamo destabilizzato e continuiamo a farlo. Pertanto, lungi dalla presunzione di poter governare processi così tanto complessi e diversi da zona in zona, ogni azione che si fa a favore del clima come lo abbiamo conosciuto, a favore della salutare composizione chimica dell’atmosfera, della protezione del mare (che parte da quella dei fiumi e delle acque interne) togliendo inquinanti anche dalla nostra vita e dal nostro ambiente, ogni provvedimento contro la crisi climatica, aiuta a fronteggiare e a risolvere la situazione. Conoscere i limiti minimi (fattori limitanti) e massimi (tolleranza degli ecosistemi) anche delle “cose buone” è indispensabile per una società capace di futuro.

A proposito: alcuni studi indicano nell’efficientamento dei moderni impianti di depurazione una delle cause scatenanti le mucillagini… Occorre ricercare e studiare di più.

Ma, in questo caso, vale la regola: meno convegni e più impegni!

Giovanni Damiani Giovanni Damiani
Presidente G.U.F.I. - Gruppo Unitario Foreste Italiane
Già Direttore di Anpa e già Direttore tecnico di Arta Abruzzo
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