di Antonio Del Gatto
L'ente paga i danni ma non assume per tutta la vita i lavoratori che pure sono stati utilizzati con contratti a termine senza soluzione di continuità.
Il divieto di trasformazione in rapporti a tempo indeterminato, che vige nella pubblica amministrazione italiana per l'utilizzo indebito dei "tempi determinati", oltre a essere conforme ai principi della Carta costituzionale, non risulta in contrasto con la direttiva 70/99/CEE.
Al contempo, l'ordinamento italiano (art.36, comma 2, D.Lgs n. 165 del 2001), nella ipotesi di violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione dei lavoratori, prevede il diritto al risarcimento del danno, che - scrivono i giudici della sezione lavoro della Suprema Corte di cassazione nella sentenza n. 4417/2012 - è uno strumento adeguato a prevenire e sanzionare l'utilizzo abusivo da parte della pubblica amministrazione di una successione di rapporti di lavoro a tempo determinato (Corte di giustizia europea, sentenza nella causa 53/04).
Respinta anche la tesi dei lavoratori che avevano eccepito, tra l'altro, disparità di trattamento con gli omologhi privati.
Nel pubblico impiego, dunque, la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato continua a essere possibile solo a seguito di leggi ad hoc, che permettano la stabilizzazione.