di Rocco Tritto
Dopo una lunga maratona, preceduta da sussurri e grida, il governo ha varato l’ennesimo decreto legge, questa volta battezzato spending review. All’inizio si era detto che sarebbe bastato a scongiurare l’aumento di due punti dell’Iva. Ora, invece, sembra che serva solo a rinviarlo di qualche mese. Insomma, i nuovi pesanti sacrifici che, soprattutto i dipendenti pubblici sopporteranno, rischiano di essere l’ennesimo pannicello caldo. Ma veniamo ai contenuti del provvedimento, che hanno riflessi sul comparto ricerca. Se è vero che solo all’ultimo istante è stata cancellata dal decreto la norma che accorpava molti enti di ricerca (alla fine, solo l’Inran è stato soppresso e assorbito dal Cra), e riduceva da 12 a 5 quelli vigilati dal Miur, salvando soltanto Cnr, Ingv, Infn, Asi e Science Park, è altrettanto vero che la scure del governo si è abbattuta sui finanziamenti per il triennio 2012-2014; sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni con il turn over.
Il taglio complessivo delle risorse ammonta a 210 mln di euro, di cui 33 per il 2012, 88 per il 2013 e altrettanti il 2014. Un colpo durissimo per le già esangui casse degli enti.
A pagare il tributo maggiore sarà l’Infn, con meno trasferimenti da parte dello Stato per 58 mln, seguito dal Cnr, con 38. Meno risorse in cassa avranno anche l’Enea (15,5), l’Istituto superiore di sanità (12,4), l’Isfol (12,2), l’Ispra (9,1), l’Inea (7,7), l’Istat (7,1); il Cra (6,1), l’Inran (4,5), l’Ingv (3,9), l’Ogs (3,1); l’Inaf (2,4), l’Inrim (2) e la Stazione zoologioca Anton Dohrn di Napoli (1,6). Anche i due enti più piccoli del comparto, Centro Fermi e Istituto di studi germanici, rimasti miracolosamente in vita, avranno meno contributi: 450 mila euro per il primo e 130 mila per il secondo.
Come se non bastasse, le dotazioni organiche per tutti dovranno essere sforbiciate del 20% per i dirigenti (ad esclusione di ricercatori e tecnologi), e del 10 per i tecnici-amministrativi, con concrete possibilità di creare sacche soprannumerarie, da collocare in quiescenza entro il 2014 o da mettere in mobilità verso altri enti oppure a disposizione per 24 mesi, con successivo licenziamento.
Confermati anche la decurtazione del valore del buono pasto a 7 euro e l’estensione della riduzione del turn-over al 20% per il triennio 2012-2014, al 50% nel 2015 e al 100% dal 2016. Quest’ultima disposizione, in uno con il taglio delle dotazioni, va a colpire in maniera quasi mortale le legittime aspettative di migliaia di precari.
Si tratta di una ricetta, quella messa a punto dal ministro Profumo, che, a detta di molti, segnerà la fine della ricerca pubblica in Italia. Altro che rilancio.