di Flavia Scotti
I nefasti effetti della riforma delle pensioni, avviata dal governo Berlusconi, per mano dell'allora ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, portata a termine dal suo successore Monti, ad opera della nota ministra Fornero, continuano a manifestarsi.
A partire al 1° gennaio 2013, entra in vigore la norma che prevede l'adeguamento automatico dei requisiti pensionistici alla crescita della speranza di vita.
La novità è stata introdotta dal decreto 78/2010, convertito in legge 122/2010, che ne ha esteso l'applicazione a tutti i tipi di pensione, a decorrere dal 2015.
Ma una successiva disposizione, contenuta nell'articolo 18, comma 4, del decreto 98/2011, convertito in legge 111/2011 (governo Berlusconi), ha anticipato al 2013 l'aggancio del pensionamento di vecchiaia alle aspettative di vita.
La riforma Fornero (governo Monti), attuata con legge 214 del 2011, ha confermato tale data ma ha accorciato il periodo degli adeguamenti, che sono diventati biennali, anziché triennali. Spetterà all'Istat, prima di ciascuna scadenza, quantificare l'eventuale incremento della speranza di vita, che farà slittare i tempi di pensionamento dei lavoratori.
Se invece l'Istat dovesse rilevare un diminuzione della speranza di vita, non ne conseguirebbe alcuna diminuzione del requisito anagrafico.
Alla prima scadenza (1° gennaio 2013), la legge ha previsto una crescita forfetaria dei requisiti per un periodo di 3 mesi.
Ne consegue che, nel settore pubblico, per poter ottenere da quest'anno la pensione di vecchiaia, sia gli uomini che le donne, che non hanno già conseguito il diritto a pensione prima della riforma Fornero (fine 2011), dovranno maturare il requisito anagrafico di 66 anni e 3 mesi e almeno 20 anni di contributi.
Per la pensione anticipata, invece, sempre nel settore pubblico, occorre, per le donne, un'anzianità contributiva di 41 anni e 5 mesi e, per gli uomini, di 42 e 5 mesi, mentre non è richiesta un'età anagrafica minima. Però, se l'età anagrafica al momento del pensionamento anticipato è inferiore a 62 anni, è prevista una riduzione dell'importo dell'assegno pensionistico variabile dall'1% al 2% per ogni anno di anticipo.