di Flavia Scotti
Alla fine, il dipendente costretto a passare gran parte della giornata lavorativa davanti al computer e a rispondere al telefono, ammalatosi di una grave forma di depressione, con l’aggiunta di una seria dermatite seborroica, licenziato per aver superato il periodo di comporto (assenze dal lavoro) si è dovuto arrendere.
A scrivere la parola fine alla sua triste storia è stata la Corte di cassazione – sezione lavoro - che, con la sentenza n. 4207 del 20 febbraio 2013 (Pres. Roselli, Est. Amoroso), ha respinto il ricorso dell’ex dipendente, che già era uscito sconfitto sia in primo che in secondo grado.
Per gli Ermellini di piazza Cavour, infatti, l’attività ripetitiva davanti a un monitor per seguire le pratiche, oltre che al telefono, può al massimo costituire una concausa della malattia che porta all’estinzione del rapporto. Però non consente di escludere le relative assenze dal computo per il numero massimo consentito, al di sopra del quale scatta il recesso del datore.
Al malcapitato è toccato anche pagare 3 mila euro di spese di giudizio.