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Giovedì, 04 Lug 2024

di Adriana Spera

La sciagurata riforma delle pensioni (legge 214/2011), fortemente voluta dal governo Monti, realizzata dal ministro Elsa Fornero e approvata col voto favorevole di Pd-Pdl-Udc, continua a provocare effetti nefasti per i lavoratori.

E’ ora la volta delle penalizzazioni alle quali stanno andando incontro quanti, dopo aver maturato i requisiti (41 anni e 5 mesi di contributi, per le donne, e 42 e 5 mesi, per gli uomini), accedono alla pensione anticipata, avendo cumulato nell’anzianità anche contributi figurativi, quali: riscatto laurea, assenze per assistenza familiari ex lege 104/92, per donazione di sangue, per partecipazione ai seggi elettorali et similia.

Ebbene, per codesti soggetti la riforma Fornero ha riservato un’amara sorpresa, nel senso che, pur essendo tali assenze dal lavoro utili per il calcolo dell’anzianità  complessiva, l’assegno pensionistico rischia di essere fortemente penalizzato.

Infatti, mentre la legge 214/2011 ha previsto che sulla quota retributiva del trattamento pensionistico relativa alle anzianità maturate antecedentemente al 1° gennaio 2012 (limitatamente a quanti possano vantare almeno 18 anni di contributi al 1995) è applicata una riduzione di un punto percentuale per ogni anno di anticipo rispetto all’età anagrafica di 62 anni, con elevazione a due punti percentuali per ogni anno che dovesse mancare a 60 anni di età, con il decreto legge n. 216/2011 il legislatore ha previsto un’eccezione al taglio dell’assegno per coloro che maturano i requisiti contributivi entro il 31 dicembre 2017, a condizione, però, che l’anzianità contributiva comprenda solo prestazione effettiva di lavoro, obblighi di leva, infortuni, malattia e, per i lavoratori del settore privato, eventuale cassa integrazione.

Dunque, secondo la legge, concorrono alla penalizzazione dell’assegno di pensione tutte le altre assenze dal lavoro, pur essendo regolarmente coperte da contribuzione.

Una situazione a dir poco paradossale, e non solo per la retroattività della norma, che non sembra turbare più di tanto la sensibilità delle istituzioni, anche se nei giorni scorsi l’Inps è stato assalito da qualche dubbio interpretativo, tant’è che ha chiesto lumi sia al ministero del lavoro che a quello dell’economia.

Non ci resta che attendere che si faccia luce!

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