di Rocco Tritto
Due sentenze sfavorevoli del Tribunale e della Corte d’Appello di Campobasso non hanno scoraggiato alcuni dipendenti del Miur, la cui tenacia è stata premiata, in terzo grado, dalla Cassazione.
Il motivo del contendere, la decorrenza dell’inquadramento, dopo il superamento della prova concorsuale interna: dapprima, nel bando, fissata al 2001 e, successivamente, a seguito di un accordo sindacale, posticipata al 2004.
Va bene che quod differtur non aufertur, però la reformatio in pejus è difficile da digerire, al punto da giustificare il ricorso fino alla Suprema Corte che, con sentenza n. 21810 del 24 settembre 2013 (Pres. Roselli, Rel. Berrino), ha dato ragione ai lavoratori, sconfessando l’operato del Miur.
In tema di lavoro pubblico privatizzato – hanno affermato gli Ermellini - ove la P.A. abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura di posti di una determinata qualifica attraverso il sistema del concorso interno ed abbia, a questo fine, pubblicato un bando che contenga tutti gli elementi essenziali (numero dei posti disponibili, qualifica, modalità del concorso, criteri di valutazione dei titoli, ecc.), prevedendo, altresì, il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata ad operare giuridicamente l'attribuzione della nuova posizione, sono rinvenibili in un siffatto comportamento gli estremi dell'offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro pubblico non solo al rispetto della norma con la quale esso stesso ha delimitato la propria discrezionalità, ma anche ad adempiere l'obbligazione secondo correttezza e buona fede.
Il superamento del concorso – continua la Suprema Corte – indipendentemente dalla successiva nomina, consolida nel patrimonio dell'interessato l'acquisizione di una situazione giuridica individuale, non disconoscibile alla stregua della natura del bando, né espropriabile (in virtù dell'art. 2077, secondo comma, cod. civ.) per effetto di diversa successiva disposizione generale volta, come nella specie, a posticipare la decorrenza giuridica ed economica dell'inquadramento.