La Suprema Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, con ordinanza 5 maggio 2014 n. 9573, ha ribadito che «nel caso di controversia relativa a rapporto di pubblico impiego non soggetto, per ragioni soggettive o temporali, alla privatizzazione, la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrità psicofisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'Amministrazione, è strettamente subordinata all'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario.
L'accertamento del tipo di responsabilità azionato prescinde dalle qualificazioni operate dall'attore, anche attraverso il richiamo strumentale a singole norme di legge, quali l'art. 2087 o l'art. 2043 cod. civ., mentre assume rilievo decisivo la verifica dei tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito, e quindi l'accertamento se il fatto denunciato violi il generale divieto di "neminem laedere" e riguardi, quindi, condotte dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente nei confronti della generalità dei cittadini come nei confronti dei propri dipendenti, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso, ovvero consegua alla violazione di obblighi specifici che trovino la ragion d'essere nel rapporto di lavoro, nel qual caso la natura contrattuale della responsabilità non può essere revocata in dubbio» (Cass. s.u. 27 febbraio 2013, n. 4850; conff. Cass. s.u. nn. 12103/2013, 1875/2011, 5468/2009, 18623/2008, 16989/2006, 2507/2006, 12137/2004).
Pertanto, l'azione proposta dagli attori, nella loro qualità di eredi del de cuius, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, essendo stata dedotta quale condotta colposa dell'Amministrazione l'aver fatto operare il dipendente deceduto in un ambiente a rischio, senza fornirgli le necessarie dotazioni di sicurezza e senza averlo informato dei pericoli connessi all'esposizione e perciò sulla base di una condotta che non presentava un nesso meramente occasionale con il rapporto di impiego, ma costituiva la diretta conseguenza dell'impegno lavorativo, senza adempiere, secondo l'assunto, all'obbligo di provvedere alla tutela del personale impiegato nelle operazioni.
L'azione proposta dai medesimi ricorrenti, in proprio, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario poiché, da un lato, i proponenti erano estranei al rapporto di impiego del loro congiunto e poiché, d'altro canto, l'art. 63, comma 4, del d. lgs. n. 165/2001 nel riservare al giudice amministrativo, oltre alle controversie relative ai rapporti di lavoro non contrattualizzati, anche i diritti patrimoniali connessi, sottintende la riferibilità di tali diritti alle parti del rapporto di impiego.