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Giovedì, 04 Lug 2024

altPartendo dal presupposto che la non politica non esiste e che tutto è rigorosamente politico, la scelta di Usi-Ricerca di non proporre presentare proprie liste candidati alle prossime elezioni per le RSU e di interrompere la ritenuta sindacale a carico dei propri iscritti è un gesto marcatamente politico; una scelta delle più corrette e trasparenti degli ultimi anni nella storia del sindacato.

In questo periodo di crisi sia economica sia politica, in cui tutti cercano di “arraffare qualcosa” e di mettersi in salvo, si parte dall’errato presupposto che il partito o, in questo più modesto caso, la sigla sindacale che perderà meno consensi, vinca le elezioni. Ma la realtà non è affatto questa.

L’astensionista è a tutti gli effetti un elettore di razza; razza pensante.

La strategia dei “cacciatori” di voti è quella di attribuire a questo tipo di elettore, quello astensionista, una malsana “pigrizia” nel recarsi alle urne, nel non avere le idee chiare, nel non volersi “proteggere”, nel non voler essere “rappresentato” e ne fornisce, quindi, una visione negativa sotto ogni punto di vista e suggerisce agli altri di non seguire il suo esempio nefasto.

Ma questa visione a mio avviso, è distorta, interessata, manipolatrice.

Viceversa, credo che l’astensionista che alle prossime elezioni per le RSU (organismi privi di qualsiasi potere decisionale, la cui elezione serve solo a procurare fiumi di distacchi e di permessi retribuiti alle grosse e grasse centrali sindacali) non si recherà a votare sia l’elettore “sano”, analitico, razionale e “marginale”, in quanto non “fidelizzato” a nessun supermercato del voto, lontano da un sistema asfittico e monolitico.

Usi-Ricerca ha sempre creduto e crede nel Sindacato “spontaneo”, lontano mille miglia dal compromesso con la controparte. Non c’è bisogno di una “poltrona” per difendere i diritti dei lavoratori, una buona difesa la si fa stando in piedi; se ci si siede, probabilmente, ci si addormenta.

L’astensionismo è sicuramente anche il sintomo del netto rifiuto di parte della classe sindacale ritenuta inadeguata e corruttibile. L’aspetto che rende veramente interessante questo comportamento elettorale è il modo in cui esso diventa sentire comune e bene comune; un punto saldo da cui ripartire.

Usi-Ricerca, dunque, propone a viso aperto una campagna pro-astensionismo; mentre sia a livello istituzionale sia sindacale avviene esattamente il contrario. Ciò nonostante, occorre ribadire che l’astensionismo è una nuova forma di resistenza non violenta, civile, democratica. Così come il comportamento di voto, anche quello di astensione è guidato dagli stessi fattori che conducono all’urna.

Il risultato è e deve essere un crescente atteggiamento di rifiuto della politica sindacale così come strutturata; non esercitare il proprio “diritto-dovere” è motivato dalle sensazioni diffuse di sfiducia, dalla difficoltà a credere a nuove “allettanti” promesse.

Si è fatta strada, viceversa, l’idea che si possano risolvere le problematiche lavorative in una dimensione più quotidiana, più vera e vissuta come mero servizio volontario.

Credo che per fare sindacato basti “solo” essere animati dal senso della giustizia.  In questo senso, il sindacato del non-voto dispone di una sua ideologia compiutamente delineata, che può essere riassunta, in maniera non esaustiva, nella ferma convinzione che la rappresentanza indiretta sia capace di svolgere proprio la sua funzione più naturale di rappresentanza e difesa degli interessi individuali e  collettivi delle lavoratrici e dei lavoratori tutti. 
La campagna del non-voto tende così a sostituire ogni altra ipotesi programmatica che miri a qualificare l’appartenenza a un sindacato.

Decidere di non partecipare a nessuna forma di competizione elettorale significa prefigurare una società che non intende legittimare le formule istituzionali e, dunque, esprime la volontà di mettersi fuori dal perimetro di una democrazia ritenuta priva di sostanza reale, per porre al centro, invece, gli interessi concreti e legittimi dei lavoratori.

Non è semplice mettere in fila le ragioni che hanno condotto a una situazione tanto critica, dal momento che si tratta di un profondo cambiamento sociale e culturale, tuttavia alcuni dati appaiono evidenti, sono proprio sotto i nostri occhi.

Il non-voto non è “anti-politica” è politica reale, in quanto non recarsi a votare corrisponde nella sostanza a un vero e proprio voto, una vera e propria presa di coscienza, un atto di realtà di fronte agli eventi, alle scelte, alle conclusioni in cui gli “illusionisti” ci hanno portato.

Mi sento di denunciare, senza tema di essere smentito, che andare a votare è il vero atto di qualunquismo, la vera e propria pigrizia mentale; il non voler prendere le distanze da quello che ormai è palese.

Le responsabilità sindacali sono molte; sono proprio ascrivibili a quegli stessi sindacati che ora si stracciano le vesti e si fanno paladini di situazioni avvenute per loro ignavia, chiedendo senza pudore il voto agli stessi traditi che, spenti i riflettori, lo saranno ancora una volta.

Votare “il meno peggio” è la vera umiliazione della facoltà di voto; per questo e altro ancora ritengo che Usi-Ricerca chieda giustamente il non-voto alle prossime elezioni delle RSU, affinché le lavoratrici e i lavoratori del pubblico impiego, che più di tutti - da sei anni - stanno pagando i costi della crisi, possano esprimere democraticamente tutto il loro dissenso nei confronti di chi ha accettato passivamente che i vari governi si accanissero contro di loro. Calpestandone la dignità.

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