Dalla Federazione Giovanile Comunista (FGC) di Cosenza arriva un forte grido d’allarme: con la pandemia, di fatto, i giovani delle classi popolari vengono sempre esclusi dall’istruzione. Oggi, in alcuni luoghi simbolo della città sono stati affissi cartelli per raccontare, ad un anno dallo scoppio della pandemia e dalla chiusura forzata delle scuole, la drammatica situazione di migliaia di studenti.
“Malgrado le numerose promesse fatte, gli studenti non hanno visto in alcun modo migliorare la propria condizione, i piccoli intervalli di riapertura, nelle forme della didattica mista, non hanno fatto altro che acuire il divario già manifestatosi nelle prime fasi della pandemia con i primi ricorsi alla DAD, precludendo agli studenti che seguono da casa la partecipazione attiva alle lezioni a causa di malfunzionamenti della linea scolastica e altre varie difficoltà – scrive oggi in un comunicato la FGC cosentina, che aggiunge – I problemi palesati, ormai un anno fa, rimangono gli stessi per una fetta larghissima della popolazione scolastica, che non può permettersi dispositivi e connessioni internet sufficientemente prestanti ed è irrimediabilmente lasciata indietro”.
La FGC sottolinea che “In Italia circa 34.000 studenti sono a rischio abbandono scolastico, numeri che aumentano esponenzialmente al sud, dove solo il 25% degli studenti è riuscito a seguire con costanza le lezioni online e dove una famiglia su tre non ha accesso ad internet a banda larga”.
Ma i disagi continuano anche nei turni in presenza, “con mezzi pubblici sovraffollati, che mettono a serio rischio la salute degli studenti pendolari i quali, una volta in classe, devono ancora fare i conti con le pessime condizioni in cui versano gli istituti scolastici, che spesso li sottopongono al rischio di contagiarsi”.
La situazione descritta – conclude la FGC – non è solo dovuta all’emergenza della pandemia, come molti vogliono farci credere, ma è il frutto di continui tagli alla scuola, perpetrati da tutti i governi che si sono susseguiti negli ultimi anni e delle continue riforme antipopolari, che hanno indirizzato l’istruzione pubblica verso una deriva aziendalistica.