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Domenica, 28 Apr 2024

L’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria diffuso da Bankitalia ci consente di aggiornare lo stato delle nostre informazioni sul mercato immobiliare italiano, uno dei grandi malati d’Europa, che ovviamente ha visto le sue condizioni peggiorare a causa della pandemia.

Il lockdown non poteva che avere effetti nefasti sulle compravendite e non potrà che generarne altri sui prezzi, che tendono a risentire dei danni più tardi, partendo peraltro da un livello assai più contenuto rispetto agli altri paesi europei.

Come si può osservare da grafico sopra a sinistra, i prezzi nel mercato italiano sono molto al di sotto della media dell’area euro, all’incirca al livello del Spagna, con un calo dal 2008 intorno al 20%, quando in Germania si calcola un aumento superiore dal 50%.

Altre informazioni le troviamo scorrendo gli ultimi dati sulle statistiche residenziali diffusi dalla Bis. I prezzi, che tendono a reagire in ritardo, hanno proseguito la loro ascesa a livello globale anche nel secondo trimestre del 2020, in piena pandemia, registrando un aumento reale globale dell’1,9% su base annua, con una sostanziale differenza fra le economie avanzate – in media il 3,7 su base annua – e quelle emergenti, cresciute solo dello 0,6%. Fra queste ultime si segnala la Turchia, che ha visto prezzi reali in crescita del 13%. Il nostro paese, invece, rimane fanalino di coda, sia per gli incrementi trimestrali, comunque positivi, che per quelli di lungo periodo.

Questi ultimi dati vanno letti con molte avvertenze. La stessa Bis invita alla cautela, visto che gli effetti del lockdown sul mercato tendono ad essere ancora poco osservati. E uno di questi, già visibile, è l’andamento delle compravendite, che secondo Eurostat sarebbero calate in Europa in una percentuale compresa fra il 15 e il 50% proprio nel secondo quarto 2020.

Se torniamo a guardare al nostro paese, la parte centrale e quella di destra del primo grafico proposto ci consentono di osservare il drammatico calo di compravendite provocato dalla pandemia, che ha interrotto bruscamente un trend ascendente iniziato intorno al 2014. Secondo le stime di Bankitalia, le compravendite starebbero conoscendo una certa ripresa dall’inizio della seconda metà dell’anno, ma gli agenti immobiliari, sondati dalla Banca, ipotizzano prezzi ancora in calo nei prossimi mesi, con le “prospettive più sfavorevoli nel comparto non residenziale, a causa sia del marcato deterioramento delle condizioni in cui operano le imprese, in particolare quelle dei servizi, sia della minore esigenza di spazi lavorativi, per effetto della diffusione del lavoro da remoto”.

Ciò significa, per il settore nel suo complesso, un aggravamento delle condizioni generali, già non certo floride, che rischia di aggiungere un’altra zavorra nei bilanci bancari. Per adesso, tuttavia, la “vulnerabilità delle banche derivante dalle esposizioni immobiliari si è mantenuta su livelli contenuti”.

Se lo scenario peggiorasse ancora, fino a diventare “molto avverso”, Bankitalia ipotizza che, comunque, “alla fine del 2021 il rapporto tra il flusso annuale di nuovi crediti deteriorati relativo ai prestiti concessi alle imprese del settore immobiliare e il capitale delle banche raddoppierebbe rispetto ai valori attuali, rimanendo comunque ben al di sotto del picco raggiunto durante la crisi dei debiti sovrani nell’area dell’euro”. Ne abbiamo viste di peggio, insomma.

Ma evitare una crisi profonda non significa risanare un mercato infragilito da tanti anni di stasi e con prospettive poco entusiasmanti, solo che si guardi alla demografia del paese. Un paese che fa sempre meno figli e aumenta ogni anno il numero relativo di anziani, non è certo un paese dove la domanda di immobili è destinata a crescere, a differenza dell’offerta. Per provare a curare la malattia del mattone italiano, bisognerebbe partire da qui.

Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
Twitter @maitre_a_panZer
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