Il problema non è l’intelligenza artificiale, che ormai galoppa senza freni, ma la disintelligenza naturale, ossia la nostra attitudine a lasciar fare alla macchina quello che potremmo fare con poco sforzo e molto piacere, perché prevale il pensiero che lo sforzo non vale comunque il piacere.
L’incredibile crescita della tecnologia di chat gpt, che in un anno ha raggiunto una quota di famiglie americane pari a quella conseguita dagli smartphone dopo quattro, è il segnale della nostra crescente ritrosia a pensare, a cercare, a scoprire. Perciò lasciamo che queste attività, fonti primarie di sviluppo di tutto ciò che di buono abita in noi, la svolgano le macchine, essiccando l’origine naturale di molte gioie. E poiché il cervello è plastico, e ha ottima memoria, taglia i rami secchi e si adegua.
L’intelligenza artificiale surroga quella naturale, ormai divenuta disintelligenza: semplice ossequio a quanto deciso dall’algoritmo. Lasciamo che la macchina decida la nostra agenda, l’itinerario delle nostre vacanze, il nostro menù.
Smettiamo di affaticarci con le decisioni, convinti che così saremo più felici. Mentre saremo semplicemente più ubbidienti.
Forse, nel profondo, pensiamo che sia la stessa cosa.
Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
coautore del libro “Il ritmo della libertà”
Twitter @maitre_a_panZer