di Rocco Tritto
A chi, come noi del Foglietto, è abituato a leggere con attenzione i numeri presenti nei bilanci, sia di previsione che consuntivi, non può sfuggire la grave crisi finanziaria in cui versano molti enti pubblici di ricerca.
Se la situazione del Cnr è a dir poco preoccupante, con un disavanzo di cassa che nell’anno in corso dovrebbe superare i 200 milioni di euro (vedere articolo a pagina 2, di Paolo Vita), non meno rosea appare la situazione dell’Inea - Istituto di economia agraria (vedere articolo a fianco, di Biancamaria Gentili), che è stato costretto, per far fronte a una forte crisi di liquidità, a cedere i propri crediti.
L’operazione, che sembra rappresentare un’assoluta novità per gli enti di ricerca, e che Il Foglietto non mancherà di approfondire soprattutto quando sarà noto l’esito della gara che si è tenuta l’8 febbraio corso, denota lo stato di profondo malessere che caratterizza la ricerca pubblica, e che non fa distinzione tra grossi enti, come il Cnr, e piccoli enti, come l’Inea.
I tanto sbandierati provvedimenti di riordino sembrano miseramente falliti e confermano, purtroppo, quello che abbiamo sempre scritto e cioè che, lungi dall’incidere positivamente sull’organizzazione e sull’attività dei singoli enti, tali provvedimenti erano e sono finalizzati esclusivamente all’accaparramento politico delle leve del comando.
Ne avremo dimostrazione ulteriore a breve, quando verranno approvati gli statuti degli enti di ricerca vigilati dal Miur e prenderà il via la stagione dei “comitati” per la selezione di dodici presidenti e di venti consiglieri di amministrazione.
Una vera manna per l’insaziabile "cannibalismo" del potere politico.