di Roberto Tomei
Si sa che all’Istat la matematica la fa da padrona e che, come noto, non dovrebbe essere un’opinione. Ne sono così convinti nel tempio delle statistiche in via Balbo da aver esteso la regola della proprietà commutativa, secondo la quale invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambia, anche al diritto amministrativo.
E’ accaduto, infatti, in occasione di un concorso per otto posti per dirigenti di II fascia, per i quali è stabilito un compenso annuo di circa 100mila euro, che l’ente, dopo aver previsto una selezione per titoli ed esami, ha fatto precedere le prove scritte dalla valutazione dei titoli, laddove occorreva operare in senso contrario: prima espletare le prove scritte e poi valutare i titoli e ciò in aderenza a quanto previsto dal dettato normativo.
L’errata sequenza della procedura non è sfuggita al Tar del Lazio che, dopo essere stato adito da un gruppo di candidati esclusi, con sentenza n. 4265 del 29 aprile scorso, ha sancito l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione e, ad abundantiam, ha anche rilevato irregolarità nei criteri di valutazione dei titoli dei singoli candidati.
Tutto da rifare sembrerebbe, salvo sorprese da parte del Consiglio di Stato dinanzi al quale, probabilmente, l’Istat (e non solo) ricorrerà.
C’è chi è pronto a scommettere, però, che alla fine, nonostante la stravagante interpretazione delle regole amministrative alla luce di quelle matematiche, il risultato non cambierà.
Staremo a vedere.