di Roberto Tomei
Le polemiche sulle abilitazioni scientifiche nazionali non solo non accennano a placarsi, ma sembrano destinate a crescere.
Tra i più attivi nel denunciare le presunte anomalie che avrebbero caratterizzato i lavori di alcune commissioni esaminatrici, vi è il senatore del Pd, Paolo Corsini, già richiamato dai sottoscrittori della lettera apparsa sul Foglietto la scorsa settimana, quale firmatario l’8 gennaio di una articolata interrogazione al ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca.
Nella vita ci sono prove peggiori, ma partecipare, come candidato, a un concorso universitario, in Italia, non è proprio una passeggiata di salute.
Fino a pochi anni fa, i concorsi potevano avere durata quasi illimitata. Non so se corrisponda a verità o si tratti di una leggenda metropolitana, ma si narra di concorsi durati quasi nove anni. Per avervi partecipato, posso garantire di aver assistito a un concorso durato ben sei anni, da cui sono uscito prostrato. Io non l’ho vinto, ma ho visto diversi vincitori conciati forse peggio di me. Nonostante le tante pubblicazioni da valutare, solo i membri delle commissioni “reggevano” bene.
Memori probabilmente dell’osservazione di Keynes, secondo cui “nel lungo termine forse noi saremo morti”, poi le cose sono cambiate, essendosi stabilito che le operazioni concorsuali dovevano chiudersi in sei mesi, anche se talvolta si finiva per trovare qualche accorgimento per allungare un po’ i tempi.
Infine, con l’abilitazione scientifica nazionale, istituita con legge n. 240/2010 e regolata con dpr. n. 222/2011, il termine per la conclusione dei lavori delle commissioni giudicatrici è stato fissato in 5 mesi e 60 giorni dalla pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale.
Non so dire se si tratti di un tempo congruo per le commissioni, ma per i candidati mi sembra piuttosto accettabile.
Sennonché, mentre una volta la lunga durata dei concorsi era animata dalle notizie che trapelavano dalle commissioni, alcune decisamente più ciarliere di altre, oggi, stando al nuovo atto di sindacato ispettivo che il sen. Corsini ha proposto il 28 gennaio, a movimentare la scena pare ci pensi addirittura il ministero, cui si addebita più di qualche colpa, come quelle di cambiare le regole del gioco mentre il concorso si sta svolgendo, di “accavallare” tornate concorsuali “a seguito di continue proroghe”, di diramare note ministeriali che inducono forti incertezze sui meccanismi di attribuzione dell’abilitazione.
Nell’interrogazione, il senatore del Pd richiama, in particolare, la nota n. 754/2013 del Miur, secondo la quale "le commissioni possono non attribuire l'abilitazione a candidati che superano le mediane prescritte per il settore di appartenenza, ma con un giudizio di merito negativo della commissione, ovvero possono attribuire l'abilitazione a candidati che, pur non avendo superato le mediane prescritte, siano valutati dalla commissione con un giudizio di merito estremamente positivo (...) resta fermo che ogni decisione della commissione, relativamente a quanto precede, dovrà essere rigorosamente motivata, sia in sede di predeterminazione dei criteri che di giudizio finale".
Date queste premesse, vista la possibilità di far ricorso a pesi e misure diversi tra i candidati, era facile prevedere che non tutto sarebbe potuto filare liscio. Effettivamente, stando agli esiti concorsuali, a dir poco paradossali, puntualmente riportati nell’atto ispettivo, pare che le cose non abbiano proprio avuto uno sviluppo, come dire, lineare, sicché ora, al fine di vederci chiaro, il sen. Corsini sollecita nuovamente la titolare del Miur, Maria Chiara Carrozza, a “intervenire per chiarire aspetti controversi o dubbi circa le procedure per il conferimento dell'abilitazione e per il ricorso ad eccezioni nella concessione dell'abilitazione”, così da “assumere le determinazioni conseguenti” .