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Lunedì, 06 Mag 2024

E’ la confusione a regnare nella cosiddetta Fase 3, tra sprechi ed erogazioni di denaro pubblico non sempre destinate a chi ne ha realmente bisogno. Pensate a tutti quei professionisti che nonostante guadagnino migliaia di euro l'anno ed abbiano ricchi conti in banca hanno chiesto i 600 e poi 800 euro di sussidio, oppure, a quanti imprenditori hanno richiesto denaro a fondo perduto per recuperare il mancato guadagno del tempo del lockdown (ammesso che abbiano mai chiuso), o ancora, alle grandi società con sede all'estero, che hanno chiesto enormi prestiti alle banche assistiti all'80% dalla garanzia dello Stato.

Un fiume di denaro che - oltre a rischiare di arricchire ancor di più chi già ricco lo è e ad impoverire i tanti che, se non ci fossero la Caritas ed altre organizzazioni benefiche, non arriverebbero neppure risorse per portare un pasto in tavola – rischia di far perdere risorse preziose per quella ricostruzione di cui il paese ha un bisogno vitale dopo decenni di un insulso Patto di stabilità, che ne ha ingessato ogni possibile occasione di crescita, e di assurde e dispendiose privatizzazioni dei servizi.

Non si può perdere anche questa occasione per cambiare tutto, per invertire la rotta, soprattutto per sanità, scuola e ricerca.

Per la prima, sembra già dimenticato il momento tragico in cui, a causa dei pochi posti di terapia intensiva negli ospedali pubblici, sono morte decine di migliaia di persone e nessuno ci dice quanto denaro pubblico è stato erogato alla sanità privata dove, in media, un giorno di ricovero in terapia intensiva è costato alla collettività 1.100 euro, oltre annessi e connessi.

Per la ricerca, si è preferito erogare milioni di euro a soggetti privati per un vaccino che, a quanto pare, sta seguendo una sperimentazione super accelerata, la cui sicurezza è tutta da vedere, piuttosto che finanziare la ricerca pubblica per la realizzazione di un vaccino ...

Per la scuola, si è persa l'unica occasione per fare la vera riforma di cui essa avrebbe bisogno - dopo oltre vent'anni di riforme confacenti solo ai tagli, in nome di una tanto pretesa, quanto inopportuna, aziendalizzazione - la riduzione degli alunni per classe ed il raddoppio degli insegnanti.

Una scuola per le bambine e i bambini, per le ragazze e i ragazzi, insomma, per tutti, che risponda sia ai bisogni educativi che a quelli sociali. Una scuola aperta e inclusiva e non la scuola dell'autonomia, la scuola-azienda che Confindustria ha chiesto ed ottenuto dai vari ministri che si sono succeduti e che hanno partorito, in oltre un quarto di secolo, riforme perlopiù dannose, a partire dai tempi del ministro Giancarlo Lombardi del governo Dini.

Almeno da questo governo ci saremmo attesi: l'obbligo scolastico da 0 a 18 anni; borse di studio per i meno abbienti (almeno il 15% dei minori vivono in condizioni di povertà assoluta); l'istituzione di poli educativi e di patti educativi territoriali con istituti aperti per l'intera giornata (altro che lezioni da 40 minuti) che offrano formazione educativa curriculare ed extracurriculare, coinvolgendo le famiglie anziché gli inutili percorsi scuola-lavoro; concorsi pubblici per assumere almeno 180mila docenti, oltre a circa 30mila collaboratori scolastici.

Ma, soprattutto, ci saremmo attesi, tanto più visto il rischio pandemico, la vera grande e semplice riforma di cui ha bisogno la scuola italiana: la fine delle classi pollaio con 30-35 alunni e l'istituzione di classi da 12-15 alunni e scuole sicure, cablate.

Certo, per fare tutto questo occorrono risorse ingenti - solo per mettere in sicurezza le scuole, stando all'ultimo rapporto della Fondazione Agnelli, servirebbero 200 miliardi da spalmare in un piano decennale, mentre per le assunzioni di nuovo personale servirebbero circa 6 miliardi - ma sarebbe il miglior investimento per il futuro del paese.

Finora, l'unica proposta giusta che abbiamo sentito è stata quella relativa alla necessità di fare un concorso pubblico per assumere i nuovi docenti, proposta molto contestata, dopo decenni di scorrimento di graduatorie e di precariato ...

Né va meglio sul fronte dell'università: siamo i penultimi in Europa per laureati, i posti per le specializzazioni postlaurea sono pochi per i medici e pure a caro prezzo per tutti gli altri che, a differenza degli specializzandi medici, non vengono neppure retribuiti.

Alzare la soglia di esenzione dalle tasse universitarie in tempi di dura crisi economica è una goccia nel mare, servono borse di studio e servizi e, soprattutto, prospettive di lavoro dignitose, altrimenti continueremo ad assistere alla fuga dei migliori cervelli all'estero.

Ad oggi, si sono creati solo scontento e disuguaglianze.

Ad esempio, con il Famiy Act si danno i soliti bonus anche a chi economicamente non ne ha bisogno, mentre, invece, serve un'idea di servizio scolastico democratico e inclusivo, in linea con quel diritto all'educazione che la nostra Costituzione riconosce e che oggi non può corrispondere solo con il bonus, ma occorrono anche scuole moderne e alunni dotati dallo Stato non solo di libri ma anche di rete e computer; di una scuola che abbatta la dispersione degli studenti, che attiri e faccia crescere i nostri figli, in tutti i sensi.

Come genitori, dobbiamo pretendere tutto questo e molto più, e non vedere la scuola solo come un parcheggio.

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