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Mercoledì, 03 Lug 2024

altLa Corte Costituzionale, con sentenza 30 aprile 2015 n. 70 (Pres. Criscuolo, Red. Sciarra), a seguito di separati giudizi promossi dal Tribunale ordinario di Palermo, sezione lavoro, con ordinanza del 6 novembre 2013, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, con due ordinanze del 13 maggio 2014, e dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, con ordinanza del 25 luglio 2014, ha statuito che va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella parte in cui prevede che «In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall’art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100 per cento».

La norma, oggi dichiarata incostituzionale, fu inserita nel provvedimento “Salva Italia”, varato dal governo Monti che, con la riforma Fornero, modificò in pejus il sistema pensionistico.

Dalle motivazioni della decisione della Consulta emerge, in maniera chiara, cheL’interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio. Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36, primo comma, Cost.) e l’adeguatezza (art. 38, secondo comma, Cost.). Quest’ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e al contempo attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, Cost.”.

Il governo dovrà ora reperire le risorse necessarie per restituire il “maltolto” a 6 milioni di pensionati. L’impatto sui conti pubblici, stimato dall’Avvocatura dello Stato nel corso del giudizio, sarebbe di circa 1,8 miliardi per il 2012 e circa 3 miliardi per il 2013. Ma c'è chi addirittura parla del doppio.

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