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Giovedì, 02 Mag 2024

altDa dieci anni è attivo un "Osservatorio Scienza Tecnologia e Società", che pubblica, grazie alla sensibilità dell'editore "Il Mulino", un Annuario contenente informazioni, dati e tendenze per comprendere il complesso rapporto tra il mondo della ricerca e il tessuto sociale italiano. Si esplorano le conoscenze, i luoghi comuni e perché no, anche le bufale relative alla ricerca scientifica; si cerca di verificare l'interesse per i temi scientifici delle varie fasce di età e professioni; si misura la credibilità che hanno le varie fonti, sia istituzionali, sia mediatiche, presso i cittadini.

Al Prof. Massimiano Bucchi, docente di Sociologia della Scienza e Comunicazione, scienza e tecnica all'Università di Trento e ideatore dell' "Osservatorio Scienza Tecnologie e Società" e del relativo Annuario, abbiamo rivolto una serie domande:

Professore, come le è venuta in mente questa idea di passare al microscopio il rapporto tra scienza e società nel nostro Paese e a quali esigenze risponde questo tipo di indagine? 

Quando sono nati l'Osservatorio Scienza tecnologia e Società (2003) e l'Annuario Scienza Tecnologia e Società (2005) il dibattito su questi temi, nel nostro Paese ma non solo, 
era dominato da luoghi comuni, perlopiù infondati o comunque mai sostenuti da dati empirici. L'idea era quella di dare una base di dati solida sui rapporti tra scienza e società
per alimentare un dibattito più costruttivo e informato.

Se dovesse restringere a pochi dati essenziali l'atteggiamento che gli italiani hanno nei confronti della ricerca scientifica, su cosa punterebbe? 

Nel complesso, dieci anni di rilevazioni di Osservatorio Scienza Tecnologia e Società ci dicono che il vero problema non è l’assenza di una cultura scientifica – numerosi dati citati sfatano ampiamente questo stereotipo. Il nodo critico, in questi dieci anni, resta la fragilità di una cultura della scienza e della tecnologia nella società: di una cultura che sappia discutere e valutare i diversi sviluppi e le diverse implicazioni della scienza e della tecnologia evitando le opposte scorciatoie della chiusura pregiudiziale e dell’aspettativa miracolistica . 

Nell'arco ormai decennale delle vostre analisi, emergono delle novità quanto a sensibilità, interessi, opinioni diffuse, ecc ? Oppure il quadro è sostanzialmente statico?

A dispetto di un diffuso stereotipo, i dati rilevano un livello di competenze in linea con le tendenze europee e in lieve crescita negli ultimi anni; una propensione rilevante e crescente ad informarsi di scienza e tecnologia. Negli ultimi cinque anni gli spettatori assidui di programmi televisivi dedicati a scienza e tecnologia sono aumentati di 20 punti; è cresciuta notevolmente anche la fruizione di contenuti scientifico-tecnologici su internet, soprattutto tra i più giovani (arrivando a coinvolgere, almeno occasionalmente, addirittura il 93% tra i 15-29enni). Tendenze confermate in questi anni dagli ascolti dei programmi dedicati alla scienza in prima serata, dalla notevole affluenza ai festival della scienza, dal grande successo di libri di divulgazione e di film e serie televisive che sempre più spesso hanno come protagonisti figure del mondo scientifico. Permangono, indubbiamente, alcune lacune e significative differenze tra le diverse fasce di popolazione, soprattutto in termini di età e livelli di istruzione. Solo il 5% dei giovani tra i 15 e 29 anni e il 2% dei laureati si colloca al livello più basso di alfabetismo scientifico. Tra gli studenti quindicenni quasi sei su dieci ritengono che le ore dedicate alle materie scientifiche abbiano accresciuto la propria curiosità e interesse e considerano queste materie di grande utilità anche per la propria vita quotidiana. La possibilità di “toccare con mano” la scienza attraverso esperimenti di laboratorio a scuola fa addirittura quadruplicare la propensione di ragazze e ragazzi verso studi scientifici universitari (tra chi non ha avuto questo tipo di opportunità, la propensione agli studi scientifici scende sotto il 7%). 

Esaminate pure il rapporto che c'è tra comunicazione scientifica e pubblico, tra media che dedicano spazi alla scienza e fruitori. Quali tendenze emergono in questo settore? 

Una tendenza a livello internazionale è quella che chiamerei "crisi dei mediatori". Le istituzioni di ricerca, attraverso i media digitali, offrono sempre più contenuti rivolti al pubblico, scavalcando la tradizionale mediazione giornalistica. Le fonti che provengono direttamente dal mondo della ricerca tendono ad essere considerate più credibili dai fruitori.

La cultura italiana è stata per decenni dominata dal sospetto, di eredità crociana, di antiscientificità. E' definitivamente superato questo atteggiamento?

Non so se questo sospetto riguardasse gli intellettuali, o un certo tipo di intellettuali. Pur con le ambivalenze a cui si accennava prima, di sicuro nell'opinione pubblica un atteggiamento "antiscientifico" non è mai stato rilevato né nelle indagini nazionali, né nelle comparazioni internazionali. 

Il 2015 è celebrato, grazie anche all'EXPO, come l'anno dedicato al cibo e anche nel vostro annuario c'è un approfondimento su questo tema. Quale dato emerge dalla vostra indagine?

Risponderei citando un grande scienziato sociale, Aaron Wildawsky: "Gli uomini e le donne che vivono nella società contemporanea non hanno paura di nulla eccetto del cibo che mangiano, l'acqua che bevono, l'aria che respirano, la terra in cui abitano e l'energia che utilizzano. È una sintesi che purtroppo sembra descrivere perfettamente il quadro attuale della sensibilità di cittadini e consumatori in campo alimentare rilevata dalle più recenti indagini nazionali e internazionali. Ben l’80% degli italiani è preoccupato per la sicurezza del cibo che mangia. È un dato impressionante e mai rilevato in precedenza a questi livelli. Come si spiega questo livello di preoccupazione? Questo mutamento della domanda alimentare nella direzione della qualità è stato influenzato probabilmente anche da una serie di episodi ed allarmi che hanno alimentato la sfiducia nei cittadini per quella che è stata percepita come un’offerta inadeguata di garanzie da parte delle autorità competenti in materia di salute. Ma il dato va probabilmente letto più in generale nel quadro di una crescente consapevolezza della stretta connessione tra cibo e salute e attenzione alla qualità dei prodotti e di un più ampio mutamento che ha visto l’alimentazione trasformarsi, per ampie fasce della popolazione, da bisogno primario in piacere, componente del “vivere bene” tanto sul piano del consumo voluttuario quanto su quello della salute. Il cibo è divenuto così elemento di benessere, identità, gratificazione estetica e perfino spettacolarizzazione: da un certo punto di vista, la preoccupazione perfino ossessiva per qualità e sicurezza può essere vista come l’altra faccia di quella fascinazione per il cibo che riempie librerie e programmi televisivi.

 

 

 

 

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