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Mercoledì, 03 Lug 2024

Les Miserables, di Tom Hooper, con Hugh Jackman, Russel Crowe, Anne Hathaway, Amanda Seyfried, Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter, durata 150’, distribuito nelle sale da Universal pictures dal 31 gennaio 2013.

di Luca Marchetti

I Miserabili, di Victor Hugo, è un romanzo noto a tutti per essere un’opera imponente, incentrata sul tema universale della redenzione dell’Uomo attraverso la fede. Il libro dello scrittore francese, pubblicato nel 1862, è sempre stato letto con molto interesse dal mondo dello spettacolo.  Tra Serie tv, pellicole cinematografiche, sceneggiati radiofonici e rappresentazioni teatrali, la storia dell’ex carcerato Jean Valjean, della piccola Cosette e dei moti parigini falliti del giugno 1832, infatti, è stata più volte fonte d’ispirazione per registi e autori. Tra i tanti adattamenti, per comodità ricordiamo solo la versione di Bille August, con Liam Neeson e Goeffrey Rush nei ruoli principali, il musical teatrale prodotto da Cameron MacKintosh è stato quello più significativo, di certo quello di maggior successo.

Les Misérables è stato uno dei fenomeni più importanti della storia dei teatri di Broadway, con canzoni entrate saldamente nella cultura collettiva del pubblico anglosassone (come ben dimostrano le audizioni dei talent canori statunitensi) e con un numero vertiginoso di repliche, tante da renderlo un’esperienza imprescindibile per il pubblico di lingua inglese. Per rendere l’idea, anche se parliamo di qualcosa di molto più contenuto, si potrebbe pensare al successo avuto in Italia dal Notre Dame de Paris di Riccardo Cocciante (è divertente notare i legami tra la seriosa opera di Hugo e il mondo dei musical).

L’iniziativa, dunque, di trasportare sul grande schermo questo successo conosciutissimo non può certo definirsi coraggiosa o rivoluzionaria, visto il certo ritorno economico dell’operazione. Se aggiungiamo poi la scelta di puntare su cast di richiamo e il coinvolgimento dietro la macchina da presa di Tom Hooper, fresco premio Oscar con Il discorso del Re, abbiamo ben in mente le intenzioni commerciali dei produttori. Ebbene, alla luce di ciò possiamo dire che Les Misérables più che un musical cinematografico è un’opera di Broadway travestita da Cinema.

Serioso, imponente, con una compattezza e un’eccessività teatrale che mal funzionano sullo schermo, il film non disperde mai la sensazione di assistere a un compitino ben fatto, senza alcuna trovata forte di regia che lo tolga dal proprio palcoscenico statico. Tom Hooper, infatti, pur provando con movimenti di macchina azzardati e tentativi anche encomiabili (l’idea di registrare le canzoni in presa diretta), non ha la freschezza e l’intelligenza divertita di un Baz Luhrmann capace, con il suo ottimo Moulin Rouge, di fondere pop e trash in modo poetico e di conquistare il proprio pubblico. Il regista inglese paga, forse, l’incapacità di saper gestire il peso della versione teatrale e, non volendola tradire, si ritrova in mano una creatura mastodontica (centocinquanta minuti di durata, senza alcun dialogo non cantato), che è oggettivamente difficile da digerire.

Neanche il celebre cast messo insieme ha la forza di tirare fuori il film da questa contraddizione. Tutti gli attori, chi più (l’inedito e convincente Hugh Jackman) e chi meno (lo stonato Russell Crowe), essendo costretti a cantare sempre, hanno solo possibilità, quando ne sono provvisti, di mettere in mostra il proprio talento canoro e poco altro. L’unica eccezione è l’incredibile Anne Hathaway, che con pochi minuti a disposizione sa essere, attraverso la performance sentita di I dreamed a dream, indimenticabile.

Mettendo da parte tutte le analisi sul rassegnato fatalismo della vicenda e sul suo eccessivo bigottismo religioso, elementi già presenti nell’opera originale di Hugo che meriterebbero una più dotta trattazione, non ci resta che definire questo Les Misérables come un oggetto cinematografico poco riuscito.

Forse solo chi ama visceralmente il genere musical saprà apprezzarlo.

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