La società della neve, regia di Juan Antonio Bayona, con Rafael Federman, Esteban Bigliardi, Simon Hempe, Enzo Vogrincic, Fernando Contingiani, Paula Baldini, Diego Vegezzi, Agustín Pardella, Matías Recalt, Esteban Kukuriczka, Valentino Alonso, Alfonsina Carrocio, Andy Pruss, Juan Diego Eirea, Tomas Wolf, Santiago Vaca Narvaja, Benjamín Segura; Sceneggiatura: Juan Antonio Bayona, Jaime Marques, Nicolás Casariego, Bernat Vilaplana; Fotografia: Pedro Luque; Scenografia: Angela Nahum; Montaggio: Jaume Martí; Musica: Michael Giacchino; Costumi: Julio Suárez; Effetti: Alejandro Pérez Tamayo, Pau Costa, Félix Bergés, Carlos Laguna, Marcos Sagasta, Eloy Cervera, Nahía Fito, María Marrugat; Trucco: Daniela Bayarres, Luciana Diaz, Ana López-Puigcerver, Montse Damas, Bárbara Quero; Art Director: Alain Bainée; Genere: Drammatico; Spagna, 2023; Durata: 144'; consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 14; in programmazione su Netflix.
Recensione di Anna Sofia Caira
La società della neve è un film del 2023, diretto da Juan Antonio Bayona, è stato presentato in anteprima mondiale, fuori concorso, alla 80^ Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed è stato selezionato per rappresentare la Spagna ai premi Oscar 2024 nella sezione del miglior film internazionale.
Basato sul disastro aereo delle Ande, anche conosciuto come “miracolo delle Ande”, la pellicola è un adattamento cinematografico dell’omonimo libro di Pablo Vierci, che documenta i racconti dei sedici sopravvissuti alla tragedia.
Nel 1972, il volo 571 dell’aeronautica militare uruguaiana si schianta contro un ghiacciaio nel cuore delle Ande. Dei 45 passeggeri a bordo solo ventisette sopravvivono allo schianto. Intrappolati nella montagna, crudele e imprevedibile, in uno degli ambienti più ostili e inaccessibili del pianeta, i sopravvissuti sperimentano una morte ancor più dolorosa di quella dei loro compagni che non ce l’hanno fatta.
Costretti a tradire ogni legge morale ed etica per la loro sopravvivenza, si fanno forza l’un l’altro, divenendo loro stessi per i loro compagni il Dio che sembra averli abbandonati.
Il narratore è Numa Turcatti (Enzo Vogrincic Roldàn), l’ultimo a morire tra le Ande. Ci racconta di come la tragedia abbia fatto uscire il lato migliore di ogni compagno, di come a vincere sia stata l’umanità più pura, sebbene dilaniata da un istinto di sopravvivenza che ha costretto a decisioni sovraumane, come quella di cibarsi dei corpi dei propri compagni morti, in assenza di cibo.
I giovani attori, quasi tutti esordienti, risultano credibili nei loro ruoli così complessi, riusciamo a empatizzare con loro, sebbene si tratti di una vicenda che ai nostri occhi inevitabilmente appare così distante e surreale. È una storia vera e J.A Bayona non vuole spettacolizzarla, ma semplicemente raccontarla per rendere omaggio alle vittime di questa immensa tragedia. Lo fa catturando la nostra attenzione senza annoiarci mai, spingendoci continuamente a chiedere cosa potrebbe accadere, nonostante il finale sia noto.
È apprezzabile la scelta di far parlare non gli eroi, Roberto Canessa e Fernando Parrado, che dopo dieci giorni di cammino hanno permesso il salvataggio dei loro compagni, ma una delle ventinove vittime, che ha contribuito, esattamente come i suoi compagni, a quello che è stato definito un “miracolo”: il rientro a casa che sembrava impensabile.
Anna Sofia Caira
critica cinematografica