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Venerdì, 08 Nov 2024

Dalla stessa parte mi troverai, di Valentina Mira – IEF Idee Editoriali Feltrinelli srl, 2024 – pp.247, euro 17,00.

Recensione di Adriana Spera

Dalla stessa parte mi troverai è un libro scritto dalla giovane Valentina Mira, che per la destra al potere ha rappresentato una inaccettabile provocazione, specialmente quando, presentato dal giornalista Franco Di Mare, prematuramente scomparso lo scorso 17 maggio, è finito tra i dodici semifinalisti del "Premio Strega", per i più, il premio letterario per eccellenza.

Sarà perché è la vicenda di un caso giudiziario irrisolto e nascosto dai poteri dello Stato o perché è una storia di amicizia e solidarietà tra due donne molto diverse per vissuto ed età?

Il libro narra la storia di Mario Scrocca, 27 anni, militante di sinistra, accusato dopo nove anni (ingiustamente, come dimostrerà la successiva inchiesta), degli omicidi dei missini Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, avvenuti il 7 gennaio 1978, dinanzi alla sede dell’allora Movimento Sociale, in via Acca Larentia a Roma, e ritrovato “suicida” nel carcere di Regina Coeli, a nemmeno 24 ore dall’arresto, il 1° maggio 1987.

La destra, ancora una volta, sceglie la strada del vittimismo, fa finta di non capire che l’autrice intende narrare uno dei tanti “omicidi” di Stato: una persona morta, come ce ne sono state a centinaia nella storia della Repubblica, durante un fermo di polizia (da Giuseppe Pinelli a Stefano Cucchi, passando per Federico Aldovrandi e molti altri) o in carcere (per Osservatorio Antigone, dal 2000 a oggi sarebbero oltre 3500 i decessi avvenuti in circostanze poco chiare nei penitenziari italiani).

Una morte, quella di Mario Scrocca, su cui, da quel maggio 1987, cerca di far luce la moglie, Rossella Scarponi, che ha ricostruito gli eventi attraverso il libro Soli soli, edito da Sensibili alle foglie, opera a metà tra un romanzo di formazione (la storia d’amore di due giovani) e un saggio di denuncia (la disamina delle carte del processo), che giunge a una conclusione «La tua morte (quella di Mario, ndr) è stata un danno collaterale nella fantasmagorica lotta al terrorismo e, in forza di quella guerra santa, la tua vita è stata ritenuta sacrificabile». Ma tant’è, Scrocca viene ritrovato morto impiccato - dopo ventiquattr’ore, in cui ufficialmente avrebbe dovuto essere sorvegliato a vista - in una cella “anti impiccagione” di Regina Coeli.

Valentina Mira commenta «la vita di Mario è stata ritenuta sacrificabile» così come la verità sulle circostanze della sua morte e la giustizia in nome della lotta al terrorismo «Ma poi ci sono i fatti. C’è la vita. E c’è la morte, anche. La morte di Mario è un fatto. Lui non c’è più, la loro guerra santa è viva e vegeta. Prende solo altre forme, si nutre di altre parole d’ordine. Ma se sai ascoltare, capisci che è vero ciò che diceva Esopo migliaia di anni fa: che mare calmo ha fame di datteri. E ancora l’avrà – fino alla prossima tempesta».

Alla comparsa del libro si è scatenata contro l’autrice tutta la destra per la quale la tragedia di Acca Larentia ha soltanto tre vittime (il terzo, Stefano Recchioni, morì durante gli scontri con le forze dell’ordine e il responsabile non fu mai identificato), per loro Scrocca non è una vittima: dai soliti anonimi “leoni” da tastiera, che brillano tanto per pusillanimità quanto per capacità di minacciare, a giornalisti di varie testate, tra i quali c’è chi è arrivato ad accusare la Mira di apartheid letterario e storico; di aver scritto un libro in cui compassione, ragionevolezza e l’indignazione sono a senso unico; infine, la destra istituzionale che è arrivata ad accusare la scrittrice di vilipendio dei militanti missini uccisi, revisionismo e odio politico e persino di voler giustificare le Brigate rosse.

Nel vasto catalogo di accuse, anche personali, non poteva poi mancare quella di essere una raccomandata, approdata al “Premio Strega” grazie al solito amichettismo di sinistra.

Polemiche sorte soprattutto a partire dalla contestualizzazione degli omicidi di Ciavatta e Bigonzetti e di ciò che rappresentava in quegli anni la sezione missina di Acca Larentia: «Qui si riuniscono quelli del Fronte della gioventù che, lo dice il nome, sono i giovani che l’estrema destra alleva in batteria. Mentre escono dalla sezione, due di loro vengono ammazzati. Gli sparano. Sono anni in cui succede. Sono anni in cui loro sono i primi ad ammazzare. Carnefici; qualche volta, come ora, anche vittime. Del resto lo sai, se frequenti certi ambienti, che puoi morire».

Ma la scellerata pagina del terrorismo a sinistra non si è forse aperta dopo le bombe messe da esponenti dell’estrema destra a Piazza Fontana con la complicità di apparati deviati dello Stato? Non fu forse lo stragismo di destra a innescare il terrorismo di sinistra? Purtroppo c’è qualcuno che vuol ricordare e santificare solo i morti della destra, dimenticando i tanti Roberto Scialabba, Walter Rossi, Valerio Verbano. Tutti omicidi irrisolti, padri e madri morti senza avere giustizia.

La destra al governo non lo vuole ricordare, al punto da rigettare persino la sentenza di condanna per la bomba alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980; fa del vittimismo la sua arma per riacquistare una verginità che non potrà mai avere, per invocare una pacificazione che, come dimostra il disegno di legge sicurezza in via di approvazione, in realtà non vuole. Tutt’altro, il progetto è criminalizzare gli ultimi, fermare chi dissente o fa informazione anche attraverso un romanzo.

Quanto poi ad Acca Larentia, qualcuno ha mai fermato le “celebrazioni” che lì avvengono ogni 7 gennaio? Qualcuno ha mai cancellato la croce celtica che abbraccia ben 4 numeri civici presente sul selciato di quella strada? Qualcuno ricorda le violenze quotidiane, di cui persino chi scrive è stata vittima, che gli squadristi esercitavano nei confronti di semplici passanti nei dintorni di quella sezione?

Una parte di Roma, l’Appio-Tuscolano, che da allora poco è cambiata, come sa bene la nostra autrice che ci vive e dice «nel quartiere, lo stesso di Stefano Delle Chiaie, il fascismo esiste ed è normalizzato». Tant’è che la sezione Acca Larentia è ancora lì e, con circa 70mila euro (di cui 30 mila frutto di una elargizione liberale della Fondazione Alleanza Nazionale), l’Associazione omonima l’ha acquistata dall’Inail.

Ma alla destra di governo avrà dato fastidio soprattutto la rievocazione di quanto accadde il 7 gennaio 2008 quando alla commemorazione appare «una donna bionda di bassa statura con una corona di fiori in mano...Il nome dell’uomo che la protegge dalle gocce è Giuliano Castellino. Leader di Forza Nuova, ha collezionato denunce di vario genere, ma tutte dentro la stessa cornice politica. La donna bionda a cui tiene l’ombrello è Giorgia Meloni. Nel 2022 diventerà presidente del Consiglio. Nel 2008 è ministro della Gioventù. Le telecamere di qualche giornalista la riprendono mentre deposita una corona di fiori sulla croce celtica nera più grossa che Google Maps abbia mai immortalato».

Un’opera, quella di Mira, che infastidisce perché ci riporta alle tante morti le cui circostanze, esecutori materiali e eventuali mandanti, sono stati e sono tutt’ora avvolti nelle nebbie; alle tante violenze perpetrate dall’estrema destra con la complicità di apparati deviati dello Stato. Perciò «È chiaro che la destra istituzionale auspica la pacificazione nazionale. Per la stessa persona che mette corone di fiori sulle croci celtiche, pacificazione non significa né più né meno che rimozione di responsabilità storiche da parte della sua area politica».

E dire che se c’è qualcuno che ha fatto del revisionismo è stata proprio la Premier nel suo discorso di insediamento quando ha detto: «Una comunità di uomini e donne che ha sempre agito alla luce del sole e a pieno titolo nelle nostre istituzioni repubblicane, anche negli anni più bui della criminalizzazione e della violenza politica, quando nel nome dell’antifascismo militante ragazzi innocenti venivano uccisi a colpi di chiave inglese. Quella lunga stagione di lutti ha perpetuato l’odio della guerra civile e allontanato una pacificazione nazionale che proprio la destra democratica italiana, più di ogni altro, da sempre auspica».

E poi non può piacere la figura di un uomo di estrema sinistra, Mario Scrocca, lontano dai canoni della narrazione destrorsa, tendente a dipingere i militanti di sinistra come spietati, incapaci di solidarizzare con chicchessia, di avere forti legami d’amore, di fare battaglie per cose anche piccole, come il diritto ad avere un marciapiede anche in periferia. Mauro Scrocca era un militante di Lotta Continua, un uomo innamorato, un padre affettuoso e un acceso difensore dei diritti dei lavoratori, fu tra i fondatori delle RdB.

Sicuramente alla destra al governo non può piacere una donna, una madre, Rossella, che a distanza di 37 anni chiede ancora giustizia per il proprio uomo, per il proprio figlio Tiziano, ingiustamente privato del padre. Una donna che non ha potuto avere giustizia - come, ad esempio, la famiglia di Stefano Cucchi - perché era sola e per difendersi occorrevano soldi per perizie, ricorsi, avvocati. Soldi che, con un figlio di due anni e un mutuo da pagare, non aveva. A 25 anni, Rossella aveva tutta una vita davanti da affrontare.

Ma quel che avrà più infastidito del libro della Mira è la forte presa di posizione contro il fascismo, come sistema pervasivo della vita delle persone, specialmente degli ultimi. Il fascismo non è solo una ideologia politica, è un modo di essere: debole con i forti e forte con i deboli. Un modello di vita padronale volto a negare ogni diritto, un modello sociale patriarcale che riduce le donne a meri oggetti di riproduzione è un modo di essere e di prevaricare gli altri, come dimostra anche la vicenda autobiografica narrata dalla stessa autrice nel romanzo X - Fandango libri, la storia della violenza sessuale realmente subita ad opera dei fascisti che frequentava.

Insomma, il fascismo si è semplicemente mascherato ma, sotto sotto, è sempre lo stesso. Scrive Mira «Il fascismo è normalizzato da tempo nel nostro paese», una normalizzazione che è potuta avvenire in un paese divenuto sempre più fragile, immemore della propria storia, in cui regnano un insieme di ignoranza e negazione. Un paese dove i fascisti riescono a mascherarsi bene, fingono di parlare il linguaggio di quel “popolo” (non di cittadini aventi diritti) che vogliono sfruttare a proprio vantaggio e, in generale, a vantaggio dei ricchi. Ineguagliabili mistificatori.

Come, giustamente ci ricorda Mira «L’estrema destra si racconta spesso rivoluzionaria, ma la Storia dice che è sempre stata garanzia di conservazione dello status quo, che è sempre stata a fianco dei potenti e degli sfruttatori. E la rivoluzione, al contrario, o è dal basso o non è».

Dà fastidio che non si dica, come tendono a fare molti intellettuali, che il fascismo è morto. Tutt’altro, l’autrice ci ricorda che il fascismo è più vivo che mai, non se ne è mai andato “Il danno peggiore che mi è stato fatto e che, credo, sia ancora perpetrato a livello sistemico, è quello di mettere sullo stesso piano le forme di violenza che hanno imperversato nei decenni in cui non ero ancora nata. Fascismo e antifascismo non sono e non saranno mai la stessa cosa. E la frase «la violenza è sempre sbagliata» – l’ho imparato sulla mia pelle rinunciando a difendermi in alcune situazioni di pericolo, proprio con dei fascisti – è sbagliata. E ipocrita, anche”.

Adriana Spera
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