Con sentenza n. 5952/2017, depositata il 18 dicembre 2017, la VI sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’appello del ricorrente che chiedeva la riforma della sentenza del Tar Lazio, sez. III, n.9867/2017, che aveva giudicato legittimo l’operato della Commissione che lo aveva valutato negativamente ai fini del conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di II fascia per il settore concorsuale 12/c1-Diritto costituzionale.
Con il primo motivo di ricorso, si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato il secondo motivo del ricorso di primo grado che censurava la violazione degli art. 4 e 5 del decreto ministeriale n. 76 del 2012, nella parte in cui la commissione: a) aveva deliberato di non utilizzare nella valutazione delle pubblicazioni scientifiche i criteri di cui agli articoli 4 e 5 del suddetto decreto ministeriale; b) non aveva esaminato i titoli della candidata, limitandosi a prendere in considerazione le sole pubblicazioni.
Il giudice di appello ha ritenuto il motivo fondato, peraltro sottolineando di dover dare continuità all’indirizzo già espresso dalla medesima Sezione.
Nella sentenza si ricorda, infatti, che il Consiglio di Stato, in relazione alla medesima procedura, ha già avuto modo di affermare condivisibilmente che la “disapplicazione” o, comunque “rimodulazione” dei suddetti criteri non risulta «sorretta da motivazione logica e adeguata» (Cons. Stato, Sez. VI, 24 ottobre 2016, n. 4439). In particolare, si è affermato che «il relativo onere motivazionale deve ritenersi particolarmente accentuato, poiché l’esclusione, dal novero degli elementi valutativi, di criteri e parametri oggettivi e trasparenti di valutazione, ha valenza non solo quantitativa, ma anche qualitativa, idonei a fungere da riscontri oggettivi esterni nella ricostruzione dell’iter logico posto a base dei giudizi, individuali e collettivi, espressi dalla commissione, comporta uno speculare aumento della sfera di discrezionalità della commissione, in linea generale limitata dai criteri e parametri stabiliti dal decreto ministeriale, i quali, di norma, devono trovare applicazione e la cui mancata applicazione assume carattere eccezionale».
Nella citata sentenza si è affermato, inoltre, come tali criteri costituiscano «parametri oggettivi e precostituiti, muniti di un rilevante grado di significatività circa la qualità e la quantità delle pubblicazioni e della produzione scientifica dei candidati, e non manifestamente incompatibili con il macro settore che qui viene in rilievo». Ne deriva che la rilevata esclusione dei menzionati criteri e parametri valutativi oggettivi precostituiti dalla normativa secondaria impedisce di sindacare la coerenza del percorso logico e della congruità dell’apprezzamento scientifico posti a base dei giudizi, individuali e collettivi, espressi dalla commissione.
Ma, secondo i giudici di Palazzo Spada, risulta altresì fondata anche la contestazione sub b), secondo la quale la commissione avrebbe errato anche nella valutazione dei titoli. Non risulta, infatti, giustificata la mancata inclusione tra i parametri, fissati dalla commissione, della partecipazione a progetti di ricerca scientifici internazionali e nazionali, stante che la commissione stessa non ha esplicitato le precise ragioni della mancata considerazione del parametro, anche in considerazione del fatto che quello dei progetti di ricerca costituisce un sistema diffuso di approfondimento e completamento in diversi ambiti scientifici.
Secondo il supremo organo di giustizia amministrativa, vale una conclusione analoga in riferimento alla mancata inclusione del parametro della partecipazione a comitati editoriali . L’esclusione anche in questo caso non è sorretta da idonea motivazione, dovendosi ritenere pacifica la significatività del parametro, salva la facoltà della commissione di attribuirvi il congruo peso nel caso concreto di volta in volta esaminato.
Infine, è stata considerata censurabile anche la scelta di non valorizzare gli “ulteriori titoli”, posto che anche in questo caso la scelta della commissione sostanzialmente non risulta motivata.
Sul piano degli effetti conformativi, l’amministrazione in esecuzione della sentenza dovrà così procedere a una rivalutazione della candidata, demandata ad una nuova commissione, rinnovata nei suoi componenti rispetto a quella che ha emesso l’impugnato giudizio di non idoneità, previa determinazione dei relativi criteri, in conformità a quanto statuito con la medesima sentenza.