di Alex Malaspina
E quattro. Tante sono le lettere minatorie che anonimi corvi hanno fatto recapitare a Giovanni Lo Piparo, potente direttore generale del Cra - Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura - con sede centrale a Roma in via Nazionale.
Un record, dopo quello che fa di Lo Piparo, con un compenso annuo lordo di 270 mila euro, il direttore generale più pagato degli enti pubblici di ricerca. Lo Piparo, siciliano, 67 anni il 17 marzo scorso, è un dirigente ministeriale di lungo corso, essendo approdato nel 1971 al Ministero dell’Agricoltura, con una laurea in Scienze Agrarie, conseguita all’Università del Sacro Cuore di Piacenza, e con l’abilitazione all’esercizio della professione di agronomo.
Prima di essere nominato a dicembre del 2007 direttore generale del Cra, Lo Piparo al Ministero di via XX Settembre aveva, tra l’altro, ricoperto dal 2000 al 2007, l’incarico di direttore dell’Ispettorato repressione frodi.
Ma veniamo alle quattro lettere di minacce, che ignoti avrebbero inviato al numero due del Cra. A darne notizia è stato lo stesso Lo Piparo il 7 marzo scorso, con una missiva a tutto il personale, con allegato uno dei messaggi minatori. Numerosi gli attestati di solidarietà, soprattutto da parte della dirigenza dell’ente.
Quello che i “corvi” sembrano contestare al Lo Piparo è, in particolare, una asserita gestione autoritaria dell’ente. Motivazione che sembra sproporzionata rispetto alla gravità delle minacce contenute nella lettera diffusa dal direttore generale.
Nei giorni scorsi, Lo Piparo è tornato sull’argomento con una nuova “lettera aperta a tutto il personale”, datata 28 marzo, per replicare a un volantino del sindacato Uil, con tanto di firma autografa, che contestava criteri e modalità di composizione di un pletorico “gruppo di lavoro”.
Questo l’inquietante finale della missiva di Lo Piparo:”Avendo ricevuto in questi anni ben 4 lettere anonime, nella quali si minaccia di colpirmi nei miei affetti familiari o nei momenti intimi di preghiera (tant’è che in una di esse era accluso un mucchietto di terra, ed in un’altra un sassolino, entrambi simboli di morte), viene da chiedersi se usare a sproposito un linguaggio così sconsiderato, come fanno gli estensori del ripetuto comunicato (sindacale, ndr) non possa poi indurre qualche ‘scriteriato’ ad atti di violenza, non solo verbale, nei miei confronti”.
Una conclusione che di fatto sembra voler mettere la sordina alle organizzazioni sindacali.