di Biancamaria Gentili
Vabbé che le leggi per gli amici si interpretano, ma quando è troppo, è troppo.
Anche per il ministro Francesco Profumo, che da quasi due mesi di fatto non molla la poltrona di presidente del Cnr, carica dalla quale, legge alla mano, è cessato dal momento del giuramento di fedeltà alla Repubblica fatto nella mani del Capo dello Stato. Viceversa, Profumo le sta tentando tutte, ma proprio tutte, per mantenere il piede in due staffe.
Anziché, subito dopo la nomina a ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, comunicare a se stesso, quale vigilante del Cnr, le dimissioni da presidente dell’ente, ha optato per il tempo lungo, inviando innazitutto una lettera (di cui Il Foglietto è a conoscenza) con la quale “essendo impossibilitato a svolgere le funzioni di presidente, ha comunicato di autosospendersi dall’incarico”.
Al contempo, come anticipato sempre dal Foglietto, ha sottoposto la sua situazione all’Antitrust.
Ansioso per le sorti del Cnr, Profumo ha inoltre “invitato il vice presidente ad assicurare la funzionalità dell’ente”.
Si è di fronte a una applicazione distorta di una norma, atteso che lo statuto del Cnr parla di impossibilità a esercitare la funzione e non di incompatibilità, come nel caso di Profumo.
Ma vi è di più. Da dove sia stato possibile mutuare e applicare al caso di specie l’istituto della “autosospensione” è un vero mistero, inspiegabile anche per i più aperti, ferrati e fantasiosi giurisperiti.
Comunque, dato che su casi analoghi c’è già stato disco rosso da parte dell’Antitrust, a tutto voler concedere, non è possibile, secondo una pacifica e condivisa concezione della gerarchia delle fonti, che lo statuto del Cnr, malamente interpretato, possa essere considerato prevalente sulla legge, per la quale Profumo è cessato dalla carica di presidente del Cnr stesso dal 16 novembre scorso.