di Alex Malaspina
Tra otto giorno le dimissioni di Domenico Giardini da presidente dell’Ingv saranno definitive. Il 29 febbraio, dunque, o Giardini esce di scena oppure arriva la revoca delle sue dimissioni, già accettate il 31 gennaio dal ministro vigilante Francesco Profumo.
Giovedì scorso, dopo un iter tormentato, il consiglio del dipartimento Scienze della Terra de La Sapienza, con voto a maggioranza (8 favorevoli, 2 contrari e un astenuto), ha formalizzato la richiesta di chiamata per “chiara fama” del professor Domenico Giardini nella qualità di Ordinario.
Se il provvedimento andrà in porto, Giardini avrà risolto i suoi problemi, evidenziati nella lettera di dimissioni del 22 dicembre, e potrà dedicarsi, dopo che Profumo avrà revocato l’accettazione delle sue dimissioni, pleno jure all’incarico di presidente dell’Ingv conferitogli ad agosto 2011 da Maria Stella Gelmini, all’epoca titolare del Miur.
Ma se, come detto, l’iter interno all’Ateneo guidato da Luigi Frati è stato tutt’altro che in discesa, ancor più difficile appare la seconda fase dell’operazione, soprattutto per il limitatissimo tempo a disposizione.
Sfogliando la legge 1/2009, che per la Gelmini avrebbe garantito, come leggesi in un suo comunicato dell’8 gennaio 2009, “Trasparenza nei concorsi, stop alle baronie, più spazio ai giovani e premi per i bilanci virtuosi delle Università”, all’art. 1-bis si trova scritto che “Nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, le università possono altresì procedere alla copertura dei posti di professore ordinario mediante chiamata diretta di studiosi di chiara fama. A tal fine le università formulano specifiche proposte al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il quale concede o rifiuta il nulla osta alla nomina, previo parere di una commissione, nominata dal Consiglio universitario nazionale, composta da tre professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare in riferimento al quale e' proposta la chiamata. Il rettore, con proprio decreto, dispone la nomina determinando la relativa classe di stipendio sulla base della eventuale anzianità di servizio e di valutazioni di merito”.
Come si vede, la strada è in salita e per scollinare ci vorrà ancora molto, col rischio di arrivare fuori tempo massimo. A meno che l’operazione non assuma un andamento irrituale, risolvendosi step by step in quattro e quattr’otto. Ma non sarebbe un buon esempio per il Miur, per il Cun e anche per il Governo.
Intanto, in via di Vigna Murata, sede dell’Ingv, è bellum omnium contra omnes.