di Flavia Scotti
E’ bufera all’Istat tra dirigenti e vertice dell’ente sulla valutazione della performace dei dipendenti.
Ciò che sorprende è che per accorgersi della problematicità della materia c’è stato bisogno di una mezza sollevazione, che nell’ente di via Balbo è del tutto inusuale.
L’acme è stato raggiunto il 12 marzo, in occasione della Conferenza dei dirigenti (tecnici e amministrativi), molti dei quali avevano già sottoscritto e diffuso una nota, puntualmente argomentata, assai critica sull’attuale sistema di valutazione.
In particolare, i dirigenti Istat rilevano, innanzitutto, che “per l’anno 2011, la valutazione dovrebbe essere effettuata con riferimento a obiettivi non assegnati al personale a inizio anno”, come previsto dalla legge.
Gli stessi lamentano, altresì, la mancanza di “un’adeguata formazione sul d.lgs. 150 del 2009”. A loro parere, soprattutto la valutazione dei comportamenti dei singoli dipendenti appare foriera di criticità forti e di differente natura, attesa la carenza “di elementi idonei a garantire una corretta valutazione degli stessi”, in assenza di input forniti dai responsabili delle Unità operative, ai quali non può essere imposto un tale adempimento”, in assenza di un ruolo ben definito.
Rilevano, inoltre, i dirigenti, che “gli indicatori individuati non si prestano a misurazioni oggettive e possono dar luogo a un contenzioso con il personale”.
Concludono sottolineando che “il carattere sperimentale della valutazione non ne limita i contraccolpi negativi nei riguardi del personale”.
In sede di conferenza, al cospetto del presidente Giovannini, l’insoddisfazione, se possibile, è montata ancora di più.
Sicuramente, l’Istat se l’è cercata, visto che, come noto, la parte del decreto Brunetta, che prevede la performance, non è efficace, per effetto del blocco delle retribuzioni, per ora fino al 31 dicembre 2014.
Si sa, infatti, che il personale non può ottenere alcun aumento di stipendio, così vanificando la disposizione normativa contenuta nel tristemente famoso “decreto Brunetta” (d.lgs. 150/09), laddove, all’art. 19, prevede una diversificazione del salario accessorio, con il raddoppio dello stesso per il 25% degli addetti, l’azzeramento per un altro 25% e il mantenimento dello status quo per il restante 50%, che rappresenterebbe la fascia di merito intermedia.
Sono in molti a chiedersi se è valsa la pena per l’Istat di impantanarsi prima del tempo sulla performance, quando nessuna diposizione legislativa glielo imponeva.
Ma chi è causa del suo mal, pianga se stesso.