di Alex Malaspina
In Italia può succedere di tutto, anche che nello stesso Tribunale vengano presentati cinque ricorsi identici per contenuto, con l’unica differenza costituita dai nomi dei ricorrenti, e che i giudici assegnatari dei relativi fascicoli emettano sentenze dal contenuto differente.
Il fatto, di recente, è accaduto a Roma, dove gruppi di dipendenti dell’Istat, assistiti dall’Usi-Ricerca hanno contestato la decisone dell’ente, risalente ai primi anni 90, di abbattere, al momento del passaggio di livello, l’anzianità di servizio maturata, utile ai fini del riconoscimento della indennità (pensionabile e liquidabile) di cui all’art. 37 del Dpr n. 171/91.
Mentre due ricorsi sono stati accolti, con il consequenziale ripristino in busta paga della indennità e erogazione delle somme arretrate, per i restanti tre ricorsi, invece, i giudici, accogliendo la tesi dell’amministrazione Istat, hanno dichiarato il difetto di giurisdizione, nel senso che, a loro avviso, il giudice competente era quello amministrativo e non quello ordinario, con conseguente scadenza del termine per proporre l’azione davanti al Tar.
Inevitabile da parte dei ricorrenti soccombenti il ricorso in appello avverso tali decisioni negative.
La prima risposta da parte della Sezione lavoro della Corte d’Appello di Roma c’è stata alcune settimane fa ed è stata favorevole ai lavoratori.
Il Collegio giudicante, accogliendo le tesi esposte dall’avv. Enrica Isidori, difensore degli appellanti, ha stabilito che, nel caso in esame, “trattandosi di pretese continuative, che consistono in un aumento della retribuzione periodica, la competenza giurisdizionale non può che essere distribuita fra giudice amministrativo in sede esclusiva e giudice ordinario sulla base del discrimine temporale del 30 giugno 1998”.
Poiché la richiesta della predetta indennità era stata limitata al periodo successivo al 30 giugno 1998, la Corte di Appello ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, rimettendo le parti al giudice di primo grado.
Si tratta di un grande risultato per i lavoratori e per l’Usi-Ricerca che, ancora una volta, avevano fatto valere le loro ragioni nelle sedi competenti.
Viceversa, in questo frangente, c’è stato un sindacato che era pronto ad accogliere l’inaccettabile proposta dell’ente, che voleva sì ripristinare l’indennità, ma con onere a carico del salario accessorio; un altro, invece, dopo una iniziale inerzia, visti i primi successi dell’azione di Usi-Ricerca, ha avviato anch’esso azioni giudiziarie. Sfruttando il coraggio dell’Usi che, more solito, ci ha messo la faccia.