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Sabato, 06 Lug 2024

di Adriana Spera

Questa mattina, alle ore 10, presso la Camera dei Deputati verrà presentato il libro La condanna della Commissione Grandi Rischi. Responsabilità istituzionale e obblighi di comunicazione nella società del rischio di Stefano Cianciotta e Fabio Alessandroni.

Il volume è dedicato alla tragica vicenda del terremoto che sconvolse L’Aquila il 6 aprile del 2009 e alla condanna inflitta dal Tribunale del capoluogo abruzzese ai membri della Commissione grandi rischi, rei di aver adottato una comunicazione istituzionale inadeguata, con effetti “anestetizzanti” nei confronti della popolazione che, invece, a detta degli autori, avrebbe dovuto essere “scioccata e spaventata” al punto giusto, correndo così il rischio, tutt’altro che remoto, di essere processati, e magari condannati, per procurato allarme.

Se questo sembra essere il punctum dolens della vicenda processuale, premesso che i terremoti non sono prevedibili, occorre concentrare l’attenzione sul fatto della comunicazione.

Un dato è certo e riconosciuto pacificamente dagli autori, ossia che il verbale della Commissione grandi rischi riunitasi il 31 marzo 2009 è stato approvato e reso noto il 9 aprile, cioè tre giorni dopo l’evento sismico. Prima, dunque, ne esisteva solo una bozza che, come tale, non è ascrivibile agli autori delle dichiarazioni in essa contenute, ciò che avviene soltanto dopo l’approvazione del verbale stesso.

Se comunicazioni di sorta ci sono state medio tempore e, comunque, prima dell’evento, esse e soltanto esse possono essere imputate agli autori delle medesime.

Sembra acclarato che, dopo la famosa riunione del 31 marzo, a rendere dichiarazioni alla stampa, poi ritenute aver prodotto effetti “anestetizzanti”,  sia stato  solo qualche componente della Commissione che, inevitabilmente, poteva parlare solo a titolo personale, non essendo stato né letto né diffuso un comunicato sottoscritto dall’intera Commissione che, in tal modo, se ne sarebbe assunta la piena e completa responsabilità.

Al riguardo, proprio su questo punto, degna di particolare attenzione appare la dichiarazione rilasciata al Foglietto da Enzo Boschi, all’epoca componente della Commissione grandi rischi, presente alla famosa seduta del 31 marzo e, poi, condannato in primo grado:

“Sto cercando – dice Boschi - di spiegare da anni che secondo la convenzione, stabilita da una legge, tra Dipartimento della Protezione Civile e Ingv la comunicazione è compito esclusivo della Protezione Civile. Infatti – continua Boschi - non sono stato invitato alla conferenza stampa dopo la riunione della Commissione grandi rischi e non vi  ho partecipato. Il verbale è stato scritto da una funzionaria della Protezione Civile e rielaborato da Dolce, Capo dell'Ufficio rischio Sismico della stessa Protezione Civile. Io l'ho visto solo dopo il terremoto. Gli Aquilani l'hanno visto alcuni giorni dopo il terremoto sul quotidiano La Repubblica. Non esiste nessuna mia dichiarazione scritta o parlata in cui io rassicuro. Addirittura il sindaco Cialente ha testimoniato al processo che le mie dichiarazioni sul rischio sismico aquilano l'avevano talmente preoccupato da chiudere scuole e chiedere lo stato d'emergenza. Circostanza ignorata sia dal Pubblico Ministero che dal Giudice. Ho passato la mia vita professionale – continua l’ex presidente dell’Ingv - a dire che l'Abruzzo e L'Aquila sono ad altissima pericolosità, nel disinteresse generale. Poi, secondo Giudice e Pubblico Ministero, sarei andato a L'Aquila a ‘rassicurare’. A che scopo?  Durante la riunione – conclude Boschi - si e' parlato quasi  esclusivamente di previsione dei terremoti e sul perché non possono essere previsti, per ragioni ben note...”.

Intanto, Boschi, nei giorni scorsi non ha saputo dissimulare l'emozione quando ha appreso che l'Anvur, nel giudicare la qualità dell'attività di ricerca svolta dagli enti vigilati dal Miur per il settennio 2004-2010, dopo aver effettuato un confronto tra dimensione e qualità delle strutture, ha collocato al primo posto l'Ingv (che lo stesso Boschi ha presieduto fino a settembre 2011), che nella speciale graduatoria dei grandi enti di ricerca ha surclassato niente di meno che il Cnr, l'Infn e l'Inaf.

Tornando al libro di Cianciotta e Alessandroni, gli autori concludono accostando in qualche modo, come si era detto all’inizio, i terremoti agli uragani, sottolineando la validità e la particolare efficacia della comunicazione impiegata negli Usa per avvertire la popolazione dell’arrivo degli stessi uragani, che però, come noto, vengono “avvistati” in tempo utile per segnalarne i prevedibili andamenti.

Cosa assai diversa, dunque, rispetto a quanto avviene per i terremoti.

Quanto, infine, al richiamo alla "società del rischio", contenuto nel titolo del volume, è appena il caso di rilevare che tutte le società sono sempre state a rischio. L’unica novità è che oggi c’è l’obbligo di comunicarlo.

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