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Sabato, 06 Lug 2024

di Flavia Scotti

E cinque. Tanti sono gli enti pubblici di ricerca senza presidente: Istat, Enea, Stazione Zoologica “Anton Dohrn”, Inrim e, da ultimo, Istituto italiano di studi germanici.

Un vero record, che sembra confermare, ove ve ne fosse bisogno, le difficoltà in cui si dibatte la ricerca italiana, tra scarsezza di fondi, a volte anche mal utilizzati, e massiccia presenza di personale precario di lunga data.

A registrare le dimissioni irrevocabili dell’organo di vertice, nei giorni scorsi è stato l’Istituto italiano di studi germanici (Iisg), il più piccolo ente di ricerca del paese (alla fine del 2011, in tutto, cinque dipendenti di ruolo: un tecnologo, tre funzionari amministrativi e un collaboratore amministrativo; a fronte di un presidente, due consiglieri di amministrazione, cinque consiglieri scientifici, tre revisori dei conti e un direttore).

L’abbandono di Fabrizio Cambi è stato come un fulmine a ciel sereno, tant’è che la notizia è rimasta top secret per diversi giorni, fino a quando non è stata captata dal Foglietto, che, giovedì scorso, ne ha chiesto conferma ai vertici ancora in carica: la direttrice Renata Crea e il vice presidente Giorgio Manacorda, componente del cda designato dal Consiglio universitario nazionale.

Cambi, 63 anni, livornese, germanista e traduttore, già Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, era arrivato a Villa Sciarra, sede dell’Istituto, nell’autunno del 2011.

Di recente, non aveva preso bene il contenuto di un articolo che Il Foglietto aveva dedicato al suo Istituto, tant’è che aveva replicato con una lettera polemica, da noi interamente pubblicata, alla quale era seguita la controreplica del nostro settimanale.

Ufficialmente, le dimissioni di Cambi sarebbero state determinate dai suoi molteplici impegni di lavoro, ma indiscrezioni, peraltro non confermate né dalla Crea né da Manacorda, non escluderebbero forti contrasti ai vertici dell’ente.

Le dimissioni sono ora nelle mani del ministro vigilante, titolare del Miur, Maria Chiara Carrozza, che, con ogni probabilità, incaricherà il Comitato Beltram, già investito da mesi della scelta dei nuovi vertici della Stazione Zoologica e dell’Inrim, di cercare anche un presidente per il Davide della ricerca italiana, alias l’Istituto di studi germanici.

In pole position, fino a domenica, sembrava essere proprio il vice presidente Manacorda (72 anni, ordinario di letteratura tedesca, un passato politico nel Partito comunista italiano), ma un brutto scivolone o, meglio, una imperdonabile gaffe commessa dal suo Istituto potrebbe averlo messo fuori gioco: l'organizzazione di un convegno sulla visita di Hitler a Roma 75 anni fa, da tenersi domani, proprio in concomitanza con l'anniversario della retata degli ebrei romani, cui fece seguito la loro deportazione ad Auschwitz (dei 1023 deportati, soltanto 16 sopravvissero allo sterminio).

La sconcertante coincidenza è stata denunciata da un articolo apparso, proprio domenica, sul Corriere della Sera.

Le legittime proteste della Comunità ebraica della capitale, e non solo, hanno consigliato all'ente di ricerca, che aveva organizzato l'evento con il Guarini Institute for Public Affair della John Cabot University e con il Festival della Diplomazia, di fare una repentina quanto opportuna marcia indietro.

«Ammetto - ha dichiarato Manacorda - che non me ne sono reso conto e che la scelta della data è una disgrazia».

Un'amnesia che, forse, potrebbe costargli anche il posto di vice presidente dell'Iisg.

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