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Sabato, 06 Lug 2024

di Gaetano Sberno

In Italia, esiste un ente pubblico che da qualche anno acquista arredi per uffici dirigenziali ad un ritmo crescente, e questo solleva qualche perplessità in un momento di ristrettezze per tutto il paese. Questo ente è l’Istat dove, a fronte di un vorticoso turn over di dirigenti, vi è stato un conseguente rinnovo di arredi (o di parte di essi).

Nel passato, in via Balbo era consuetudine del personale dirigenziale non modificare più di tanto gli arredi, spesso di pregio, già in uso al predecessore, mentre oggi questo principio sembra non valere più. Al contrario, la moda recente è quella di chiedere il cambio dell’arredo, forse per una questione di status symbol.

Sono veramente pochi i casi di dirigenti che, passati a nuovo e più prestigioso incarico, non sentono la necessità di cambiare mobilio.

Questo andazzo ha portato anche a situazioni paradossali in cui alti dirigenti dell’Istituto chiedono di creare in sedi diverse da quella di assegnazione stanze a loro riservate, e ben arredate, salvo poi lasciarle quasi del tutto inutilizzate.

E’ il caso dell’ex presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, che, alcuni mesi prima di approdare sulla poltrona di ministro del Lavoro, chiese e ottenne che fosse allestita una stanza “presidenziale” anche nella sede periferica romana di via Tuscolana (oltre che in quella di viale dell’Oceano Pacifico).

A memoria d’uomo, nessuno ricorda una simile richiesta fatta dai predecessori. In via Tuscolana, la scelta cadde su una “piccola” stanza, nell’ala est al piano superiore, che fu arredata con mobilio di un certo livello e costo, con tanto di “lavagna interattiva multimediale da 65 pollici touch screen”.

Dopo un articolo apparso sul Foglietto del 3 luglio 2012, l’amministrazione, con una nota del direttore centrale Paolo Weber (da qualche mese, anche direttore generale reggente dell’Istat), si affrettò a comunicare, dopo aver puntualizzato sulla lavagna multimediale, che la stanza serviva anche per le riunioni tra direttori e, quindi, non poteva essere considerata inutilizzata.

In altre parole, per giustificare questa bizzarrìa e non annoverarla nell’elenco degli sprechi, sono stati coinvolti i direttori centrali della sede e non, che, oltre alle loro stanze già ben arredate e all’Aula Magna presente in via Tuscolana, potevano dunque utilizzare una ulteriore stanza, altrettanto ben arredata, la quale, insieme all’indubbio vantaggio di avere una vista sulla periferia est di Roma, ha il pregio, a differenza di molte altre stanze della medesima sede, di captare un eccellente segnale di telefonia cellulare.

Non si è mai saputo il costo totale dell’arredo, ma le cifre fornite da “radio Istat” hanno sempre oscillato tra i 15 e i 18mila euro.

Sicuramente voi direte: Cosa c’è di male, si tratta del Presidente! Qualcosa, quantomeno di inopportuno, ci deve essere stato, visto che la stanza nei giorni scorsi è stata smantellata, per adibirla a normali uffici per il personale non dirigente.

Scusi, direttore Weber, ma la stanza non serviva anche per le riunioni dei direttori?

Tutto è bene quel che finisce bene si potrebbe dire, ma è proprio sull’happy end che ci siamo posti dei dubbi in linea con l’inizio di questo articolo: che fine faranno gli arredi dismessi?

In un momento in cui l’Istituto continua a tagliare “qualsiasi voce di spesa” per i dipendenti, ci si aspetterebbe una rigorosa e trasparente gestione del mobilio sostituito, che si dovrebbe articolare in una seria politica di riutilizzo all’interno dell’Istituto. Oltre agli evidenti risparmi di spesa, questo riutilizzo consentirebbe di non lasciare andare alla malora il predetto mobilio, accatastandolo in un qualche deposito.

Per il costoso arredo dell’ex presidente sembra che le cose potrebbero andare diversamente, visto che è stato opportunamente imballato e depositato in un magazzino. Questo dovrebbe impedire l'accumulo di polvere su poltrone, tavoli, armadi e quant’altro e, speriamo, anche … sulla memoria dei responsabili del patrimonio, che dovrebbero ricordarsi di riassegnarlo a qualche dirigente che, periodicamente, approda nell’ultraottuagenario Istituto nazionale di statistica o che viene elevato a un rango superiore.

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