di Rocco Tritto
A distanza di più di due settimane dall’anticipazione del Foglietto, è arrivata la conferma da parte del ministro D’Alìa e cioè che Gian Piero Padoan è il suo candidato alla presidenza dell’Istat che, nell'occasione, è stato ribattezzato dallo stesso ministro “Istituto italiano di statistica". Spetta, infatti, al titolare del dicastero della Funzione pubblica, che vigila sull’Istituto nazionale di statistica, proporre al governo il nome del successore di Enrico Giovannini alla guida dell'ente.
La conferma è arrivata dopo che il quotidiano La Repubblica, con un articolo del 21 novembre scorso, ha sostanzialmente ripreso l’anticipazione del Foglietto.
Il giorno successivo, sullo stesso quotidiano è apparsa una lettera del ministro che, da un lato, ha contestato alcune considerazioni contenute nell’articolo del quotidiano diretto da Ezio Mauro, mentre dall’altro ha ammesso che il nome per la guida dell’Istat è, appunto, quello di Padoan.
Perché la scelta del ministro possa prendere corpo, però, è necessaria una formale designazione da parte del governo (che fino a oggi non c’è stata) e il successivo disco verde, a maggioranza dei due terzi, dei membri delle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato.
La verità è che da mesi è in atto un muro contro muro tra centro-sinistra e centro-destra, con quest'ultimo che non gradisce l’ipotesi Padoan, sostenendo invece quella di Luigi Paganetto.
Ed è stato proprio per cercare di superare l’impasse che D'Alìa, con un emendamento proposto in sede di conversione del decreto legge 101/2013, nell’articolo 8-bis ha fatto aggiungere tra i requisiti di cui il presidente dell’Istat deve essere in possesso, anche quello dell’«esperienza internazionale», che Padoan certamente ha, per essere, oltre che ordinario di Economia all’Università La Sapienza, anche capo economista e vicedirettore generale dell'Ocse.
Un tentativo forse finalizzato a restringere il numero degli aspiranti alla prestigiosa poltrona che, dopo una incredibile vacatio di quasi due mesi, a giugno è stata affidata a Antonio Golini, in qualità di facente funzioni.
D’Alìa, nella lettera inviata a Repubblica ha liquidato la candidatura Paganetto che, per inciso, siede nel cda dell’Istat, dicendo che trattandosi di “docente onorario in pensione, non risponde ai requisiti necessari”. Se non andiamo errati, anche Golini riveste il medesimo status di "docente onorario in pensione", circostanza che non ha impedito al governo di nominarlo presidente facente funzioni, senza alcun concreto vincolo temporale.
Da ultimo, appare a dir poco stupefacente una ulteriore affermazione fatta dal ministro D’Alìa nella lettera inviata a Repubblica, laddove dichiara di aver “disposto la proroga del termine” per la presentazione delle candidature a direttore generale dell’Istat, “per ampliare la rosa dei candidati”.
L'iniziativa del ministro, che non sembra aver fatto sobbalzare nessuno, ma proprio nessuno, neppure l’attento giornalista di Repubblica, si appalesa, invece, come una gravissima ingerenza nella gestione dell’ente da parte di un organo politico, al quale spettano ex lege esclusivamente compiti di vigilanza.
E’ auspicabile un intervento del Parlamento, volto a censurare l’operato del ministro e dell’ente statistico che, supinamente, ha recepito il diktat del vigilante.