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Sabato, 06 Lug 2024

di Ivan Duca

Nel Cnr targato Nicolais-Annunziato, polemiche, malumori, malfunzionamenti ed anomalie non sembrano avere mai fine.

Ultimo caso, solo in ordine di tempo, è la vicenda della costituzione del nuovo Istituto di Biologia e Medicina Traslazionale (Ibmt) attraverso la soppressione dell’Istituto di Biologia e Patologia Molecolari (Ibpm) e la Unità Operativa di Supporto dell’Istituto di Chimica Biomolecolare (Icp) di Roma.

La proposta congiunta dei due direttori di dipartimento, Tullio Pozzan (Scienze Biomediche) e  Luigi Ambrosio (Scienze Chimiche e Tecnologie dei Materiali), all’esame del cda di dopodomani, sembrerebbe maturata “nell’ottica di una ottimizzazione delle attività scientifiche svolte negli istituti afferenti al dipartimento Scienze Biomediche e Scienze Chimiche e Tecnologia dei Materiali, ed in particolare nel settore della biologia”.

Il nascente Istituto potrebbe contare su un totale di 67 unità di personale a tempo indeterminato, 58 (di cui 42 ricercatori) provenienti dall’Istituto di Biologia e Patologia Molecolari e 9 (di cui 7 ricercatori) provenienti dall’Unità Operativa di Supporto dell’Istituto di Chimica Biomolecolare.

Entrambe le strutture, che si trovano presso l’Università “La Sapienza” di Roma, a pochi passi dalla sede centrale, continuerebbero ad essere allocate nei medesimi spazi ora occupati.

Mentre per i due proponenti, evidentemente, l’intera operazione risulta degna di pregio, il direttore dell’Istituto di Biologia e Patologia Molecolari, Clara Balsano, con una dettagliata nota, inviata ieri ai vertici del Cnr, ha inteso “evidenziare l’anomalia della procedura seguita dai direttori del dipartimento di Scienze Biomediche e di quello di Scienze Chimiche e Tecnologie dei Materiali”.

Un metodo inaccettabile, quello adottato dai due direttori di dipartimento, dal momento che, come ha sottolineato la direttrice Balsano, prima di esprimere nel merito tutta la sua contrarietà all’operazione verticistica, “una modifica di natura strutturale non può essere ideata ed approfondita senza il pieno coinvolgimento del vertice scientifico e amministrativo dell’Istituto, che doveva essere fatto partecipe e chiamato a collaborare in materia che coinvolge illegittimo esercizio della sua funzione”. “Illegittimamente – prosegue la Balsano – il direttore dell’Istituto è stato tenuto completamente al di fuori di un processo istruttorio e decisionale, al quale avrebbe potuto e dovuto apportare utili e decisivi contributi, anche di natura critica”.

Ma ad essere state estromesse, aggiungiamo noi, sono state anche le organizzazioni sindacali, che avevano tutto il diritto di far sentire la propria voce sulla delicata questione ma che, al massimo, devono accontentarsi di una stringata quanto insufficiente informativa data, peraltro, a poche ore dalla riunione del cda, convocato per deliberare la fusione.

Sempre la direttrice Balsano, segnala che con lettera di prot. 562 del 21 marzo 2013 “metteva in luce la prevalenza, quantitativa e qualitativa, dell’Istituto Ibpm sull’Uos dell’Icb, rimarcando un’ovvia tassonomia in merito alla definizione di eventuali processi di aggregazione che, date le dimensioni relative, non avrebbero potuto che essere classificati come pura e semplice aggregazione dell’Uos dell’Icb all’Istituto Ibpm. La citata nota evidenziava, inoltre, notevoli dubbi in ordine ad un’ipotizzata soppressione dell’Ibpm, non giustificata dalla mera aggregazione all’Istituto di una unità di ricerca nella quale operano 6 (dicesi sei) ricercatori, peraltro già organicamente e funzionalmente collegati all’Istituto”.

“La proposta di creare un nuovo Istituto sulla base di una semplice cooptazione di poche e sia pur volenterose unità - continua la Balsano - contrasta con i criteri e principi di logicità, razionalità, efficacia ed economicità, destando non poche perplessità in ordine alla validità e alla legittimità di una politica di gestione che dovrebbe, invece, tendere ad obiettivi di ricomposizione e riorganizzazione centrati sul concetto di massa critica, ben noto agli scienziati ed agli esperti di riforma della pubblica amministrazione, peraltro correttamente indirizzati dalla cospicua giurisprudenza della magistratura contabile. Di modo che l’idea di sopprimere (ridenominandola), una struttura che già esiste e funziona alla perfezione al solo (immaginabile) scopo di azzerarne i vertici e ricominciare un eventuale balletto delle nomine, con ulteriori costi e aggravi a carico del già esiguo bilancio del Consiglio Nazionale delle Ricerca, si trova a mio avviso in evidente e dimostrabile contraddizione con la politica di spending review degli Enti Pubblici di Ricerca”.

Parole di fuoco, indirizzate al numero uno di piazzale Aldo Moro, Luigi Nicolais, ex ministro dell’Innovazione e della Pubblica Amministrazione, che sembrerebbe prediligere lo stravolgimento di due strutture di ricerca in luogo di un semplice trasferimento, presso la stessa sede fisica, di poche unità di personale.

Non sarebbe la prima volta, giacché analogo film si è già visto all’Istituto di Scienze Neurologiche, dove per assecondare le aspettative di trasferimento di cinque dipendenti da una città ad un’altra, venne, addirittura, proposto il trasferimento dell’intero Istituto.

Se questa fosse l’aberrante logica della gestione Nicolais, d’ora in poi si rischia di assistere, ogni qualvolta ci si trovi di fronte all’aggregazione funzionale di poche unità di personale da un Istituto ad un altro, ad uno stravolgimento organizzativo, degno di miglior causa.

Come un simile processo possa realizzare o, addirittura, migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’attività di ricerca e tecnologica del Cnr, pare davvero difficile, se non impossibile, comprendere.

Questa nuova vicenda, poco democratica e poco trasparente, allunga la lista di riorganizzazioni, fusioni, liquefazioni, trasformazioni e accorpamenti di Istituti avvenuti finora durante la presidenza Nicolais, le cui modalità, tutt’altro che cristalline, sono state puntualmente raccontate dal Foglietto.

Usi-Ricerca, per cercare di arginare questo fenomeno poco edificante per un ente come il Cnr, ha già notificato una diffida, con esplicito invito al cda e al presidente Nicolais ad astenersi dal deliberare la fusione fortemente voluta da Pozzan e Ambrosio e dagli stessi messa a punto, senza il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati.

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