Il 12 novembre scorso sul nostro settimanale era apparso un articolo dal titolo eloquente: “Per la Corte dei conti, l’Istituto superiore di sanità va commissariato”.
Di reazioni nessuna, ma proprio nessuna. Silenzio tombale.
A distanza di sette mesi, per l’esattezza martedì della scorsa settimana, le agenzie di stampa e i due maggiori quotidiani del paese, Corriere della Sera e Repubblica, hanno dato notizia dell’avvio dell’iter di commissariamento dell’ente di ricerca di viale Regina Elena, che comporterebbe la decadenza degli organi di vertice, ad eccezione del collegio dei revisori.
A prendere l’iniziativa è stato il ministro della Salute, che è quello vigilante, d’intesa con quello dell’Economia.
A base della drastica decisione, gli stessi motivi puntualmente riportati nel nostro articolo, ovvero i pesanti disavanzi con i quali si erano chiusi i bilanci dell’ente relativi agli anni 2011 e 2012, sufficienti per far scattare la disposizione di cui all’art. 15, comma 1 bis del DL 6 luglio 2011 n. 98, convertito dalla L. 15 luglio 2011 n. 111, che testualmente recita:” Nei casi in cui un ente sottoposto alla vigilanza dello Stato (...) presenti una situazione di disavanzo di competenza per due esercizi consecutivi, i relativi organi, ad eccezione del Collegio dei revisori, decadono ed è nominato un commissario ...”.
Ciò che stupisce in questa vicenda non è l’iniziativa del ministro della Salute che, legge alla mano, appare atto dovuto, quanto la tardività della stessa e la disparità di trattamento rispetto ad altri enti di ricerca, l’Istat, in particolare.
Per l’ente di via Balbo, infatti, pur avendo chiuso in rosso la gestione di competenza non per due esercizi consecutivi ma addirittura per tre (2010, 2011 e 2012), ad oggi nessun iter di commissariamento è stato avviato.