L’ultimo Outlook di Ocse, preparato in collaborazione con la FAO, dedicato all’andamento dell’agricoltura nel mondo, ci racconta molte cose che pensiamo di sapere ma che forse non conosciamo abbastanza. O almeno così sembra, vista la scarsa attenzione che dedichiamo al nostro nutrimento e alla sua importanza. Noi fortunati abitanti dei paesi cosiddetti ad economia avanzata siamo generalmente abituati a rifornirci nei nostri supermercati, pieni di ogni cosa, e solo da poco, e neanche in molti, abbiamo iniziato a chiederci esattamente cosa stiamo mangiando. L’idea generale è che purché si mangi (almeno) tre volte al giorno, nulla può andare storto.
Quest’abbondanza, che nutre facili moralismi e molti sensi di colpa, nonché prosperi mercati di integratori, farmaci per dimagrire e altre amenità, nasconde molti problemi dietro la facciata splendente delle nostre vetrine, che sembrano fatte apposta per nascondere la realtà di un mondo che in fondo, pensiero assai comune, non ci riguarda. Chi si interessa di come funziona e di cosa ha bisogno per funzionare uno smartphone? A noi, benestanti e spesso malviventi nati nella parte giusta del mondo importa generalmente poco. A patto, ovviamente, di disporne.
La realtà, però, ha modi bizzarri di insinuarsi fra le maglie della nostra consapevolezza. A volte prende l’apparenza di malumori difficilmente spiegabili secondo i vecchi principi di un materialismo storico mai davvero passato di moda secondo il quale la pancia piena, purchessia, è garanzia di pace della mente.
Ma se non fosse davvero così? Possiamo domandarci, anche solo lasciando questo pensiero sullo sfondo della nostra coscienza, se la costante depressione che respiriamo nelle nostre cronache quotidiane, l’infelicità esibita per ogni dove sui nostri mezzi di comunicazione, non sia in qualche modo associabile alla nostra ipernutrizione, che non vuol dire che sia automaticamente buona nutrizione?
Lo stesso rapporto Ocse lascia emergere questa domanda quando, notando l’alta dotazione di proteine animali che caratterizzano la nostra dieta, osserva che le popolazioni più ricche stanno diventando via via sempre meno interessate alla carne rossa, vuoi perché temono le possibili conseguenze negative sulla salute di un eccesso di questo consumo, vuoi per le ricadute che la produzione di carne rossa ha sull’ambiente. Eccole qui, svelate, le nostre ossessioni di gente prospera d’inizio secolo: la salute e l’ambiente. E il cibo, silenziosamente, a far da collegamento.
Ne riparleremo. Qui limitiamoci a poche osservazioni che raccontino dell’altra grande diseguaglianza che esibisce il mondo del XXI secolo, che però non gode mai della dovuta attenzione fra i consumatori di spritz e talk show, i conversatori social-compulsivi: quella della distribuzione della proteine nel mondo. Proteine che, come molti di voi sanno perfettamente, sono i mattoni che consentono al nostro corpo di rimanere letteralmente in piedi.
Ebbene, il grafico sopra (figura 1.8) ci dice tutto quello che abbiamo bisogno di sapere. Gli abitanti dei paesi a economia avanzata sono ben oltre la soglie minima di calorie previste dagli specialisti. Soprattutto si osserva la grande differenza nel consumo di proteine fra i paesi meglio attrezzati e quelli con minor disponibilità, grafico sotto (figura 1.9).
E si nota anche il notevole uso di prodotti zuccherati nei primi, a fronte di uno scarso consumo di frutta e verdura (grafico, figura 1.8).
L’Occidente si conferma ipernutrito, ma questo non vuol dire che si nutra bene. Stessa cosa, ma per ragioni opposte, nei paesi più poveri. D’altronde, gli estremi si toccano. E’ stato sempre così.
Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
coautore del libro “Il ritmo della libertà”
Twitter @maitre_a_panZ