Di fronte a una società che invecchia inesorabilmente diventa – o dovrebbe diventare – tema politico di primaria importanza che l’aumento della longevità, che viene considerato un successo delle nostre società, non diventi un fardello per queste società e per chi invecchia. Vivere purchessia non è certo un obiettivo desiderabile, mentre può esserlo invecchiare in buona salute, pure se nei limiti che il passare del tempo impone ad ognuno di noi.
Detto diversamente, dovremmo imparare a misurare il successo delle nostre società non semplicemente contando l’aumento della speranza di vita, ma quello dell’aumento della speranza di vita in buona salute. E su questo abbiamo ancora molto lavoro da fare, almeno a leggere l’ultimo rapporto Ocse sullo stato globale della salute nei paesi dell’area (Health at glance, 2023).
Il grafico sopra serve a dare un’idea della quantità di risorse che i paesi elencati dedicano alla sanità. Nel 2022, gli Usa primeggiano, con oltre 12 mila dollari pro capite, che corrispondono al una spesa complessiva pari al 16,6% del pil, di fronte ai quali i nostri poco più che 4 mila dollari pro capite, il 9% del pil, impallidiscono, pure se sono vicino alla media di quasi 5 mila dollari e al 9,2% del pil dell’area.
Questa tabella però dice solo una parte della storia, che come tutte le rappresentazioni statistiche ha bisogno di essere osservata nelle sfumature. Per capire quanto sia efficace questa spesa sanitaria si potrebbero scegliere diversi indicatori. Ma visto che qui stiamo ragionando della correlazione fra spesa e longevità in buona salute, contentiamoci di guardare soltanto altri due indicatori: la speranza di vita alla nascita, da un parte, e la speranza di vita in buona salute dopo i 65 anni, dall’altra.
Il primo dei due grafici che seguono mostra che la speranza di vita alla nascita, ossia gli anni che si può stimare viva una persona che nasca nel 2021/2022 (anno di riferimento dei dati), è di 76,4 anni negli Usa e di 82,3 in Italia; il secondo, invece, come è cambiata la speranza di vita alla nascita negli stessi paesi negli ultimi anni.
Il drastico peggioramento della speranza di vita negli anni 2019-21 ha a che fare con le conseguenze della pandemia, ma tale peggioramento non è stato uguale per tutti. Sempre gli Usa, che usiamo per il nostro confronto, hanno avuto un dato assai peggiore (-2,4 anni) del nostro (-0,9). E questo malgrado l’elevata spesa sanitaria pro capite.
Il discorso diventa ancora più informativo se guardiamo la speranza di vita in buona salute dopo i 65 anni, ossia quella soglia di età verso la quale si va indirizzando la maggioranza relativa della nostra popolazione.
Purtroppo, questo dato non è disponibile per gli Stati Uniti nelle rilevazioni Ocse. Ma come secondo elemento di confronto possiamo prendere la Germania, che esibisce comunque una spesa sanitaria pari al 12,7% del pil, seconda solo a quella statunitense. In questo paese una donna 65enne nel 2021 ha una speranza di vita di 21,1 anni, il 46% dei quali, quindi una decina, si prevedono in cattive condizioni di salute. Per un uomo i numeri sono 17,8 anni di speranza di vita, il 43% dei quali in cattiva salute.
Se guardiamo il dato italiano, osserviamo che la speranza di vita di una donna è di 22,1 anni, quindi uno in più rispetto ai tedeschi, il 52% dei quali, quindi quasi dodici, in cattiva salute. Per l’uomo, la speranza di vita è 18,9, sempre circa uno in più rispetto ai tedeschi, il 43% dei quali, circa 8, in cattiva salute.
Ricapitoliamo: in Italia si vive di più delle Germania, le donne italiane invecchiano leggermente peggio di quelle tedesche, gli uomini allo stesso modo. Questo a fronte di una spesa sanitaria italiana inferiore di oltre tre punti di pil al quella tedesca. Il fatto rilevante è che all’incirca la metà della speranza di vita uomini e donne la passano in condizioni di salute poco soddisfacenti.
Ovviamente, sarebbe avventato trarre qualsiasi conclusione da così pochi dati. Però ce n’è abbastanza per riflettere e porsi alcune domande. La prima è che se è sicuramente una buona notizia che la popolazione anziana passi mediamente la metà della proprio speranza di vita in buona salute, lo è meno osservare che ancora l’altra metà della speranza di vita questo non succede. Non sono pochi dieci anni con problemi di salute, specie in società che vedranno crescere notevolmente il numero degli over80.
La seconda è che non emerge una chiara correlazione fra spesa sanitaria e qualità dell’invecchiamento. Ciò lascia immaginare che siano altrove le voci di bilancio che dovremmo osservare, alcune delle quali assai sfuggenti. Difficile, ad esempio, misurare con la contabilità pubblica la qualità dell’alimentazione di una persona.
Infine, sorge il sospetto che la longevità vada più veloce della vecchiaia in salute. Se cambiamo database e ci rivolgiamo a quello dell’organizzazione mondiale della sanità, possiamo ritrovare i dati relativi agli Stati Uniti, anche sulla qualità dell’invecchiamento in questo paese a partire dal 2000.
Qui possiamo osservare non solo che la speranza di vita alla nascita è diminuita fra il 2015 e il 2019, essendo cresciuta di 1,8 anni fra il 2000 e il 2019. Ma anche che nel 2000 un uomo americano aveva la speranza, alla nascita, di trascorrere in salute 64,6 anni (quindi 13,1 in cattiva, stante la speranza di vita) e una donna 67. Dopo 19 anni, questi numeri sono cresciuti fino a 65,2 per l’uomo e rimasti uguali per la donna, anche con l’aumento di 1,8 anni della speranza di vita. Nonostante la spesa sanitaria, insomma, gli americani invecchiano meno bene di quanto siano longevi. Non sarà sicuramente una prova che qualcosa non funziona bene. Però è un indizio.
Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
coautore del libro “Il ritmo della libertà”