di Claudio Argentini
Nei giorni scorsi vari enti di ricerca, nonostante la grande confusione che caratterizza l'applicazione del decreto 150/2009 (c.d. Brunetta), hanno presentato i piani per la valutazione della "performance".
Mentre da più parti si sostiene che la Civit si appresterebbe a emanare un provvedimento in base al quale la valutazione nel 2011 avrebbe solo una finalità sperimentale, senza alcun effetto sulla busta paga dei lavoratori, è apparso nei giorni scorsi un Dpcm che introduce la valutazione anche per ricercatori e tecnologi.
Come se non bastasse, ad aumentare il caos c'è stato uno scandaloso accordo sottoscritto venerdì 4 febbraio da Brunetta-Cisl-Uil.
Con l'accordo le parti firmatarie concordano che, contrariamente a quanto previsto dal d.lgs. 150, un quarto dei dipendenti pubblici (circa 800 mila lavoratori) non verrà privato del salario accessorio, almeno fino alla scadenza del blocco dei contratti (2013), mentre l'altro quarto, al quale sarebbe andato il salario sottratto agli 800 mila lavoratori, nella migliore delle ipotesi dovrà accontentarsi di qualche euro, vale a dire dei risparmi sulla gestione del personale degli enti.
La riforma, pertanto, dovrà partire con un nuovo sistema di relazioni sindacali.
Da dove inizierà la “valutazione”? Scuola e ricerca pagheranno la sperimentazione da subito.
Nel Dpcm di cui si è detto, si riscontra oltre al taglio delle fasce stipendiali al 25% degli insegnanti (ma la valutazione non era sperimentale?) anche, negli artt. 14 e 15, l'avvio della valutazione per ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca.
Come e da chi sarà fatta? Le basi sono estremamente generiche, e questo deve preoccupare, e soprattutto vi è un'agenzia, l'Anvur, che non ha connotati chiari.
L'obiettivo immediato del sindacalismo di base è quello di bloccare sul nascere un siffatto "processo", che potrebbe irrimediabilmente compromettere il futuro giuridico ed economico di migliaia di lavoratori, che nel frattempo sono stati catalogati come "fannulloni" per legge, quando nel 2014 scadrà il blocco dei contratti.
E neppure gli iscritti ai sindacati firmatari dell'accordo (Cisl e Uil) hanno di che gioire, non avendo alcuna garanzia che saranno nel gruppo dei "bravi".
Il pasticciaccio va, pertanto, respinto, con la consapevolezza che la forte reazione del sindacalismo di base e le tantissime defezioni dai sindacati "collaborazionisti" hanno costretto le controparti (governo-sindacati firmatari) a una prima, seppur minima, retromarcia.