di Rocco Tritto
Intere categorie professionali sono sul piede di guerra per contestare l’annunciato provvedimento del governo di abolizione dei minimi tariffari.
Ma se per avvocati, notai, tassisti e per gli appartenenti ai vari Ordini professionali, le tariffe minime hanno le ore contate, a dormire sonni tranquilli sono, invece, le potenti confederazioni sindacali che, in virtù di una disposizione legislativa, alla quale non hanno mai rinunciato, stroncano sul nascere ogni e qualsiasi tentativo di libera fissazione dell’importo della ritenuta sindacale.
Il comma 9 dell’art. 43 del d. lgs. n. 165 del 2001, infatti, così recita: “Il Comitato (paritetico, Aran e confederazioni sindacali, ndr) procede alla verifica dei dati relativi ai voti ed alle deleghe. Può deliberare che non siano prese in considerazione, ai fini della misurazione del dato associativo, le deleghe a favore di organizzazioni sindacali che richiedano ai lavoratori un contributo economico inferiore di più della metà rispetto a quello mediamente richiesto dalle organizzazioni sindacali del comparto o dell'area”.
Si tratta di una norma protezionistica, che impedisce ai sindacati “indipendenti” di determinare liberamente l’ammontare della ritenuta sindacale, che il lavoratore accetta nel momento dell’adesione.
Oggi, la “tariffa” imposta da quasi tutte le confederazioni è dell’1% della busta paga, tredicesima compresa. Per chi, invece, come il sindacato Usi-Ricerca, è da sempre attestato esattamente alla metà, vale a dire allo 0,50%, tredicesima esclusa, c’è il rischio che le deleghe non vengano riconosciute ai fini della rappresentatività.
Tale rischio è diventato certezza nel 2008, quando il cosiddetto Comitato paritetico ha “scippato” all’Usi 800 deleghe che, secondo lo stesso Comitato, erano riferibili a dipendenti la cui ritenuta sindacale era inferiore di più della metà rispetto a quella richiesta dagli altri sindacati.
L’Usi ha potuto fino a oggi mantenere nel comparto Ricerca la rappresentatività (che si calcola sommando al numero delle deleghe quello dei voti riportati nelle Rsu e dividendo per due), solo perché nel 2007 aveva ottenuto alle Rsu più del 12% che, diviso per due, dà il 6%: un punto superiore alla fatidica soglia del 5%.
Ora la storia è destinata a ripetersi e se Usi-Ricerca a marzo per le Rsu non supererà il 10% dei voti, sparirà.
Se l’Usi, da un lato è disposta a correre questo rischio, dall’altro non aumenterà mai, neppure di un solo centesimo la quota sindacale dello 0,50%, ritenuta sufficiente per finanziare tutta la propria attività che, oltre all’informazione col Foglietto, prevede da sempre l’assistenza legale gratuita per gli iscritti, in aggiunta ad altri benefit.