di Alex Malaspina
"Il diritto del lavoratore a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso non può subire limitazioni, anche allorquando la disabilità del familiare non si configuri come grave,
risultando la sua inamovibilità - nei termini in cui si configuri come espressione del diritto all'assistenza del familiare comunque disabile - giustificata dalla cura e dall'assistenza da parte del lavoratore al familiare con lui convivente, sempre che non risultino provate da parte del datore di lavoro - a fronte della natura e del grado di infermità (psico-fisica) del familiare - specifiche esigenza datoriali che, in un equilibrato bilanciamento tra interessi, risultino effettive, urgenti e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte".
Questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 9201 del 7 giugno 2012, ha accolto il ricorso di un lavoratore avverso la decisione del giudice d'appello, con la quale, confermando quanto statuito in primo grado, era stata respinta la sua domanda diretta ad impugnare il trasferimento presso un'altra sede di lavoro, ritenuta troppo distante per poter assistere il proprio fratello disabile.
La Corte di Appello aveva ritenuto legittimo il trasferimento del lavoratore per il fatto che, nella specie, non ricorreva una situazione di accertata gravità delle condizioni del familiare disabile.