di Roberto Tomei
Istituita nel 1992, il 22 marzo scorso si è celebrata la Giornata mondiale dell'acqua, cioè dell'elemento senza il quale non possiamo vivere e di cui noi stessi siamo fatti.
Non è, perciò, un caso che il mito faccia nascere ogni cosa da Oceano e da Tetide e che, già sette secoli prima dell'era nostra, Talete, il padre della filosofia occidentale, basandosi sull'osservazione (riferita da Aristotele) che l'umidità è necessaria alla vita, poiché ciò che è morto si dissecca, mentre i germi sono pieni di succo, identificasse nell'acqua il principio di tutte le cose.
Non solo sin dai primordi l'importanza dell'acqua è stata un'evidenza indiscutibile, ma vi è anche un'interessante ipotesi sociologica, avanzata da Wittvogel, secondo cui la nascita degli ordinamenti generali, che gli storici fissano negli ordinamenti dei popoli dei grandi fiumi, come il Nilo, il Tigri, l'Eufrate, l'Indo e lo Yangtze, sarebbe riconducibile al bisogno di regolare l'uso delle acque. Sussistendo, insomma, la possibilità di derivare acque da questi fiumi, era necessario che intervenisse un pubblico potere per disciplinare quella che oggi chiameremmo l'utilizzazione dell'acqua.
Oggi che i moderni stati hanno preso il posto di quegli ordinamenti, rischiamo di trovarci, mutatis mutandis, in una situazione in certo qual modo simile, dato che occorre trovare, questa volta a livello globale, soluzioni condivise al problema della ripartizione delle risorse idriche, che si vanno facendo sempre più scarse.
Ogni anno sei milioni di persone muoiono per mancanza d'acqua.
Consapevole della gravità della situazione- una vera e propria emergenza umanitaria che dura ormai da anni - l'Onu si è posta come obiettivo quello di dimezzare nei prossimi anni la percentuale della popolazione mondiale esclusa dall'accesso all'acqua potabile.
In questa partita un ruolo centrale lo giocheranno circa cinquecento bacini acquiferi transfrontalieri, la cui gestione condivisa sarà il presupposto indefettibile per garantire la sicurezza idrica a milioni di persone. Questa cooperazione si profila necessaria soprattutto per evitare l'insorgere di conflitti armati, spesso camuffati come etnici o religiosi, dagli sviluppi quasi sempre imprevedibili.
Una volta tanto, non ci possiamo lamentare. Viviamo, infatti, non per merito nostro, in un paese fortunatamente rubricato come "a scarsità di acqua limitata o assente". Tradotto da un funambolico quanto inutile burocratese, vuol dire che l'acqua ce l'abbiamo.
Ma è un fatto comunque positivo che la scandalosa questione della privatizzazione delle risorse idriche abbia suscitato anche da noi un ampio dibattito conclusosi, per ora, con un referendum che il 12 e 13 giugno 2011, grazie al voto di oltre 26 milioni di italiani, ha abrogato una legge (n. 166/009) del governo Berlusconi, che avrebbe privatizzato l’acqua.
Trattandosi, come poche altre, di una situazione che veramente riguarda tutti, è bene che su un tema delicato come questo l'attenzione rimanga sempre alta e costante.