di Pietro Perrino*
Negli anni scorsi, su questo giornale, provai a spiegare cosa fossero gli Ogm e quali rischi si correvano coltivandoli e usandoli come alimenti.
Fui attaccato da diversi giovani ricercatori legati a centri di ricerca pro-Ogm. Mi attaccavano perché sostenevo che il Dna transgenico era diverso da quello naturale e che per questo motivo gli Ogm erano instabili. Sostenevo anche che il Dna transgenico, una volta rilasciato nell’ambiente, poteva ricombinarsi e dare origine a nuovi virus, nuovi batteri, nuovi funghi e quindi nuove malattie. Preciso che gli attacchi non erano pertinenti, in quanto non riguardavano i contenuti ma la persona. Nelle repliche, cercai di essere più convincente, ma niente da fare: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Tutto quello che è successo dopo dimostra che i ricercatori e gli scienziati che si opponevano agli Ogm avevano ragione.
La sperimentazione condotta negli ultimi anni da ricercatori indipendenti conferma i risultati di quella precedente: il Dna transgenico è il vero flagello dell’ingegneria genetica. Insomma, la letteratura scientifica che prova la pericolosità degli Ogm è in crescita.
Chi è interessato a verificare può consultare il volumetto di Slow Food: “Scienza incerta e dubbi dei consumatori, il caso degli organismi geneticamente modificati”, pubblicato nel 2011, e il lavoro di G. E. Séralini et al., pubblicato nel 2012 sulla rivista Food and Chemical Toxicology.
Entrambe le fonti sono disponibili in rete.
Ma torna utile citare anche un recentissimo studio che conferma quanto studiosi indipendenti avevano evidenziato e da me divulgato sul Foglietto.
Lo studio pubblicato nel 2012 da Chen J. e altri sette ricercatori, su Environmental Science and Technology, mostra la pericolosità del Dna transgenico.
In particolare, lo studio condotto in Cina ha trovato 6 risultati positivi per batteri resistenti agli antibiotici ampicillina su 6 fiumi analizzati. Il gene (blá) responsabile di questa resistenza è una versione sintetica ottenuta in laboratorio e diversa dal tipo selvatico. Segno che esso non esiste in natura. Ciò ha suggerito ai ricercatori che la fonte della resistenza all'ampicillina, che sta colpendo la popolazione umana, sono i vettori plasmidici sintetici prodotti dall’ingegneria genetica.
Il gene in questione conferisce resistenza a molti antibiotici terapeutici e, quindi, l'inquinamento ambientale con batteri resistenti (perché contengono blá) è un problema di salute pubblica.
Lo sviluppo di patogeni resistenti agli antibiotici è sempre più frequente a causa di un eccessivo uso degli stessi e di una crescente applicazione dell'ingegneria genetica, che da oltre dieci anni scarica Dna transgenico in maniera incontrollata e deliberata nell'ambiente.
All’inizio, ad inquinare erano solo i laboratori d’ingegneria genetica, poi si è aggiunta la coltivazione in campo aperto di Ogm, molti dei quali contengono geni resistenti agli antibiotici.
I risultati di Chen e collaboratori mostrano chiaramente i rischi degli Ogm.
È abbastanza per impedirne la coltivazione in Italia e su tutto il pianeta, visto che l’aumento della resistenza agli antibiotici è un problema planetario.
*Già Direttore Istituto di Genetica Vegetale del CNR