Marianna Madia, ministro della Funzione Pubblica, nella tarda serata di ieri, 17 novembre, ha raggelato i sindacati confederali che, dopo la convocazione a Palazzo Vidoni, si erano illusi di una possibile riapertura del tavolo per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici, bloccato ormai da sei anni.
Se ne parlerà, forse, nel 2016, perché per ora – secondo il ministro – non ci sono risorse da destinare al pubblico impiego. Per scongelare il contratto nazionale di lavoro, bloccato dalla legge di stabilità, servirebbero, infatti, solo per un anno circa 2 miliardi di euro. Una cifra che l'esecutivo guidato da Renzi conta di avere a disposizione non prima di due anni.
Un falso allarme, dunque, o – meglio – un bluff la convocazione di ieri sera, che Madia ha cercato di mitigare assicurando che «nessuno perderà il posto per effetto della riorganizzazione della Pa. Nessuno andrà a casa» , che ci sarà «l’assunzione dei vincitori di concorso e dei precari della scuola» e che «abbiamo scelto di concentrare le risorse su chi stava peggio. Il bonus da 80 euro andrà a un lavoratore pubblico su quattro, circa 800mila dipendenti pubblici».
Un epilogo che mortifica ancora una volta circa 3 milioni di lavoratori, che più di tutti si stanno facendo carico degli effetti della crisi, causata soprattutto dalla inefficienza di una classe politica incapace di mettere a punto provvedimenti in grado risolvere i problemi che attanagliano il Paese.
Insomma, tanto rumore per nulla. Un incontro superfluo, bastava un tweet, come si usa oggi.