Come nel gioco dell’oca, in questi ultimi giorni, Renzi è tornato al punto di partenza: la scuola.
L’unica differenza evidente, rispetto alle prime settimane del suo governo, è che adesso non gira più per le aule della penisola, tra bambini che lo festeggiano e grandi che lo contestano, ma fa tutto da Roma.
Pare esserci, in verità, anche qualche novità più di sostanza.
In cima ai pensieri del governo, infatti, questa volta non c’è solo l’ormai consunto (mediaticamente, s’intende) cavallo di battaglia dell’edilizia scolastica - più da mettere in sicurezza che da sviluppare, come ci ricordano i periodici crolli denunciati da stampa e televisione - ma nientemeno che la riforma della carriera degli insegnanti, finalmente memori che la scuola si fa, oltre che con i muri, anche con i professori, categoria, come tutte quelle del pubblico impiego, comprensibilmente a caccia di aumenti, dopo più di un lustro di blocco degli stipendi.
Forse a causa della scarsa dimestichezza col principio di eguaglianza, di cui si è detto qualche settimana fa, sta di fatto che, dopo averli negati ai docenti universitari, il governo sembra ora tutto concentrato sugli scatti stipendiali degli insegnanti delle altre scuole, da quelle dell’infanzia alle superiori.
E qui viene il bello. Stando, infatti, ai boatos che filtrano dalle aule parlamentari, pare proprio che aumenti di stipendio non solo non siano all’orizzonte ma addirittura si profili una perdita secca per tutti, persino per “i meritevoli”, la punta di diamante della Scuola 2.0.
Secondo calcoli fatti sui fondi di attribuzione delle risorse, per i docenti meritevoli ci sarebbero, ogni tre anni, dai 21 ai 30 euro mensili lordi di aumento, mentre, per tutti gli altri, solo 10 euro al mese di incremento, sempre ogni tre anni e sempre lordi.
E meno male che questa è La Buona Scuola. Figuriamoci se era cattiva.
Attualmente, infatti, un docente delle superiori che ha prestato otto anni di servizio, solo per questo motivo prende 195 euro lordi mensili in più sullo stipendio, che scendono a 156 per i docenti di scuola d’infanzia e primaria. Evidentemente, più dei “meritevoli”.
Insomma, per non illudere nessuno, forse è il caso di far bene i conti. Altrimenti, si stava veramente meglio quando si stava peggio.