Giornale on-line fondato nel 2004

Giovedì, 04 Lug 2024

altL’estate italiana del 2011 è stata da molti definita tragica, per le vicende politico-economiche che la caratterizzarono, culminate con le dimissioni del governo Berlusconi (il 12 novembre) e con la nomina a premier di Mario Monti, quattro giorni dopo.

Da luglio a dicembre, lo spread la fece da padrone e causò l’emanazione di provvedimenti di emergenza “lacrime e sangue” (ex multis, la riforma delle pensioni “Fornero”), di cui chissà ancora per quanto pagheremo le conseguenze.

In quel contesto di grande confusione, tra un decreto legge e l’altro, ci fu anche quello contrassegnato dal n. 98 del 6 luglio, convertito, a tempo di record, dopo appena 9 giorni, in legge n. 111 del 15 luglio 2011.

In tale provvedimento legislativo - contenente disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria - fu inserita anche una norma la cui finalità sembrava essere quella di dare una sorta di zuccherino ai dipendenti pubblici che, con precedenti decreti, avevano subito il blocco della contrattazione nazionale (che dura tuttora), il blocco delle retribuzioni, delle progressioni economiche e di livello nonché del fondo per il salario accessorio.

La predetta norma era contenuta nell’art. 16, commi 4 e 5, del decreto n.98, e recitava, quanto al comma 4: “Fermo restando quanto previsto dall'articolo 11, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono adottare entro il 31 marzo di ogni anno piani triennali di razionalizzazione e riqualificazione della spesa, di riordino e ristrutturazione amministrativa, di semplificazione e digitalizzazione, di riduzione dei costi della politica e di funzionamento, ivi compresi gli appalti di servizio, gli affidamenti alle partecipate e il ricorso alle consulenze attraverso persone giuridiche. Detti piani indicano la spesa sostenuta a legislazione vigente per ciascuna delle voci di spesa interessate e i correlati obiettivi in termini fisici e finanziari”.

Quanto al comma 5: “In relazione ai processi di cui al comma 4, le eventuali economie aggiuntive effettivamente realizzate rispetto a quelle già previste dalla normativa vigente, dall'articolo 12 e dal presente articolo ai fini del miglioramento dei saldi di finanza pubblica, possono essere utilizzate annualmente, nell'importo massimo del 50 per cento, per la contrattazione integrativa, di cui il 50 per cento destinato alla erogazione dei premi previsti dall'articolo 19 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150…”.

Tali disposizioni - lungi dall’essere obbligatorie per gli enti ma soltanto facoltative - apparvero da subito in contrasto con l’art.9, comma 2-bis, del decreto legge 122/2010 (rimasto in vigore fino al 31 dicembre scorso), che così recitava: “A decorrere dal 1º gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 (termine differito al 31 dicembre 2014, con dpr  122/2013, ndr) con  l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni … non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio”.

Per la cronaca, qualche amministrazione ha tentato di dare applicazione alle controverse norme ma senza successo alcuno, come è accaduto al Ministero dello sviluppo economico che, nel 2013, dopo aver messo a punto un Piano triennale di razionalizzazione e riqualificazione della spese, se lo è visto bocciare dal Ministero dell’economia e delle finanze.

Il Mef, cui compete la verifica e la certificazione delle eventuali economie, dopo aver premesso che le stesse, “oltre a essere effettivamente realizzate”, devono risultare “aggiuntive rispetto a quelle già previste a legislazione vigente”, ha indicato, in maniera esemplificativa, alcuni casi di risparmi che non possono trovare alloggio nel Piano di razionalizzazione.

Secondo il Mef, non possono costituire risparmi utilizzabili ex art. 16, quelli derivanti, ad esempio, “dall’abbattimento dei costi del servizio di telefonia conseguente alla stipula della nuova convenzione Consip” e ciò in quanto “i risparmi sottesi all’acquisizione di beni e servizi tramite Consip sono già destinati, in base alla legislazione vigente, al miglioramento dei saldi di finanza pubblica”.

Stessa sorte per i risparmi derivanti dalla “dismissione di sedi in locazione passiva, anche mediante accorpamento delle strutture”, anch’essi destinati ad incrementare i saldi di finanza pubblica, atteso che “le previsioni recate dagli artt. 2, comma 222 della legge 191/2009 e 12 del decreto-legge 98/2011, le quali, nel più ampio contesto delle misure di ottimizzazione e razionalizzazione degli spazi pubblici e di contenimento della spesa pubblica, già prescrivono l’obbligo per le Amministrazioni di effettuare previsioni triennali sia sul proprio fabbisogno di spazio allocativo, sia sulle superfici da esse occupate non più necessarie”.

Impensabile, poi, che il Piano triennale possa contemplare risparmi derivanti dalla riduzione di personale, precario e non.

Allora cosa resta, nulla? In pratica sì, poiché appare davvero difficile convincere gli enti ad attuare processi di reinternalizzazione di servizi e lavori da anni affidati all’esterno con appalti milionari, come ad esempio, le indagini statistiche tramite telefono; le manutenzioni ordinarie (meccaniche, elettriche, idrauliche et similia), i servizi di portineria, attività fino a qualche lustro fa affidate tutte a personale interno specializzato, ma ora appannaggio di ditte esterne.

Il sindacato Usi-Ricerca, solitariamente, per anni, invano si è battuto contro ogni processo di esternalizzazione negli enti di ricerca, senza ricevere supporto da nessuno.

Solo chi ha la fortuna di possedere tanta ingenuità può pensare oggi che il Piano triennale di razionalizzazione e riqualificazione della spese, che in tanti considerano un bluff di tremontiana memoria, possa essere la panacea per rimpinguare il fondo salario accessorio.

Se il legislatore lo avesse voluto davvero, non avrebbe attribuito agli enti la facoltà di utilizzare per la contrattazione integrativa gli eventuali risparmi ex art. 16, ma ne avrebbe sancito la obbligatorietà.

Dictum sapienti sat est.

empty alt

All’ombra del Re dollaro crescono piccole valute

La notizia dell’ultimo aggiornamento che il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha dedicato...
empty alt

Tolve, bellezza lucana che affonda le sue radici nel terzo millennio a.C.

San Rocco è il Santo più venerato nel mondo cattolico. Nei miei viaggi per i borghi lucani la sua...
empty alt

In Adriatico sono tornate le mucillagini

In Adriatico sono tornate le mucillagini la cui composizione potei analizzare, tra primi, nel...
empty alt

Illegittimo affidare il controllo della prestazione lavorativa a un investigatore

Con ordinanza n. 17004/24, pubblicata il 20 giugno 2024, la Corte di cassazione - sezione Lavoro – ha...
empty alt

Dall’Antitrust cartellino rosso alla Figc

Dopo l'inattesa eliminazione della nazionale italiana di calcio dagli Europei, una nuova tegola si è...
empty alt

“Fremont”, film esistenzialista dalle venature surreali

Fremont, regia di Babak Jalali, con Anaita Wali Zada (Donya), Gregg Turkington (Dr. Anthony),...

Ti piace l'informazione del Foglietto?

Se ti piace quello che leggi, puoi aiutarci a continuare il nostro lavoro sostenendoci con quanto pensi valga l'informazione che hai ricevuto. Anche il costo di un caffè!

SOSTIENICI
Back To Top