Con sentenza n. 88 del 29 ottobre 2015, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale della Liguria, si è pronunciata sulla delicata questione degli incarichi extra istituzionali dei professori universitari.
Nel caso di specie si è trattato di un professore, precisamente di un medico dell’ateneo genovese, che aveva optato per il regime lavorativo a tempo pieno; pertanto, lo svolgimento di attività libero-professionale extra moenia da parte del medesimo era incompatibile con la docenza universitaria a tempo pieno. Ciononostante, egli aveva stipulato un contratto per la predetta attività con una clinica milanese, dichiarando falsamente di non essere in situazione di incompatibilità.
Al riguardo, il giudice contabile ha stabilito che la disciplina da applicare al caso andasse individuata nella disposizione contenuta nell’art. 53, comma 7 del D.lgs. 165/2001, secondo la quale i dipendenti pubblici, tra cui vanno ricompresi anche i professori universitari, non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Per i professori, in particolare, si precisa che, in caso di inosservanza del divieto, il compenso dovuto per le prestazioni svolte deve essere versato nel bilancio dell’università.
In particolare, lo stesso giudice ha rilevato che “nel contesto comportamentale del soggetto agente si rinvengono elementi idonei a far ritenere l’intenzionalità del silenzio (nei riguardi dell’amministrazione di appartenenza) e la sua preordinazione a nascondere il danno”.
In ordine, poi, alla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo, secondo il giudice “altrettanto difficilmente si può ritenere che l’interessato non percepisse l’anomalia della situazione, e l’evidente vantaggio per sé, con altrettanto evidente danno per l’erario”.
Tanto premesso, rilevando un danno all’erario determinato dall’omissione dell’attività di insegnamento, a fronte della percezione degli emolumenti quale professore, e dallo svolgimento di attività incompatibili con la condizione di docente a tempo pieno, la Corte ha pronunciato sentenza di condanna del convenuto, imponendogli di conferire gli emolumenti ricevuti (che ammontano ad oltre 306mila euro) all’Università degli Studi di Genova.