di Adriana Spera
Sempre più spesso, accade nella pubblica amministrazione che lavoratori formalmente alle dipendenze di società private si trovino a essere inseriti nell'organizzazione dell'ente come se fossero dipendenti pubblici.
Si è di fronte a una vera e propria intermediazione di manodopera - vietata dalla legge - che, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, dovrebbe far sì che il lavoratore diventi dipendente dell'ente a tutti gli effetti. Il Consiglio di Stato, nei giorni scorsi, con sentenza n. 294/2010 (Pres. Trotta, Est. De Felice), chiamato a pronunciarsi su una richiesta di riconoscimento del rapporto di impiego con la pubblica amministrazione presentata, con ricorso, da un lavoratore di una ditta appaltatrice, ha inteso fare un deciso distinguo tra enti pubblici economici e non. Secondo i giudici di Palazzo Spada, "non può essere accolto un ricorso proposto da un soggetto che ha svolto attività lavorative formalmente alle dipendenze di imprese appaltatrici di servizi per la pubblica amministrazione, che tuttavia ha chiesto il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato e continuativo con la (stessa) pubblica amministrazione, invocando il divieto di intermediazione di manodopera previsto dall'art. 1 della legge 23 ottobre 1960 n. 1369 (secondo cui il vero datore nel rapporto di lavoro subordinato è quello che effettivamente utilizza le prestazioni lavorative, anche se il lavoratore sia stato formalmente assunto da un altro, il datore apparente)". A motivo del diniego, i giudici togati hanno evidenziato che tale richiesta è fondata solo nel caso in cui il lavoratore abbia operato all'interno di un ente pubblico economico che notoriamente svolge attività essenzialmente imprenditoriale, non dissimile da quella degli imprenditori privati. Mentre quando trattasi di ente non economico, ostano alla richiesta precise disposizioni di legge che prevedono la procedura concorsuale come modalità ordinaria per l'assunzione, disponendo la nullità di diritto per ogni assunzione in deroga a tali disposizioni, in attuazione del principio costituzionale di cui all'articolo 97, secondo il quale agli impieghi pubblici si accede mediante concorsi, salvi i casi stabiliti dalla legge.