L’appuntamento con le confederazioni sindacali è fissato all’Aran per domani, 13 luglio, dove sul tavolo per la firma ci sarà il testo definitivo dell’accordo quadro per la riduzione da 11 a 4 dei comparti di contrattazione del pubblico impiego.
L’ipotesi di accordo venne firmata il 5 aprile scorso e, dopo aver ottenuto disco verde dal Mef, dal Governo e dalla Corte dei conti, è giunta ora al traguardo, anche se potrà essere operativo non prima del 13 agosto, per permettere possibili operazioni di aggregazione tra sigle sindacali.
Quanti, e sono tanti, credono che la strada verso il rinnovo dei contratti, scaduti da quasi sette anni, sia ormai cosa fatta, si sbagliano di grosso.
Quello dei comparti è solo un piccolo tratto di strada pianeggiante, perché ora serve l’atto di indirizzo all’Aran da parte del Governo, che dovrà indicare come e a chi erogare quei miseri 300 milioni di euro, da dividere tra gli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici. A seguire, dovranno essere i comitati di settore dei nuovi quattro comparti, a impartire disposizioni sempre all’Aran e, da ultimo, sarà indispensabile, ai fini della individuazione delle sigle che potranno sedere al tavolo delle trattative, attendere la sottoscrizione dell’ipotesi di accordo sui distacchi e sui permessi sindacali e, dopo le verifiche ministeriali e della Corte dei conti, la firma dell’accordo definitivo.
Calendario alla mano, per gli inguaribili ottimisti, ipotizzare l’avvio (e non la conclusione) delle trattative per il rinnovo dei quattro contratti per la fine di ottobre non appare irrealistico. Per i più pessimisti, l’avvio dei negoziati non potrà avvenire prima del 2017 che, dai tanti superstiziosi, è un anno che non è visto proprio di buon occhio.