In diverse occasioni il professor Ricciardi, presidente dell’istituto Superiore di Sanità, ha imputato alla mancata vaccinazione antinfluenzale l’impennata di decessi avvenuta nei primi mesi del 2015 e che ha interessato soprattutto la popolazione più anziana.
L’evidenza empirica non sembra, però, suffragare tale ipotesi.
Tra gennaio ed aprile, il numero di decessi in Italia è passato da 214.251 del 2014 a 242.350 del 2015 (+13%), per poi riscendere a 217.244 nel 2016 (-10%). La diminuzione della speranza di vita della popolazione italiana, registrata nel 2015, dovrebbe essere completamente rientrata nel 2016, senza provocare ripercussioni negative (si spera) sul sistema pensionistico.
La percentuale di popolazione di età superiore ai 65 anni che si è vaccinata contro l’influenza, è scesa dal 55,4% del 2014 al 48,6% del 2015, per poi risalire marginalmente al 49,9% nel 2016.
Appare chiaro che se esistesse una correlazione tra le morti di anziani nei mesi invernali e la mancata profilassi antinfluenzale, il numero di decessi nel 2016 sarebbe dovuto essere ben più alto.
Ulteriore riprova, se ce ne fosse bisogno, è che il calo di vaccinazioni nella stagione influenzale 2014-2015 è stato un fenomeno soprattutto italiano, mentre l'aumento della mortalità ha interessato tutta l'Europa (+240 mila morti rispetto ai primi 4 mesi del 2014).
Studi epidemiologici sembrano convergere sul fatto che durante la stagione invernale 2014-2015 si sia manifestato un virus A/H3N2 mutato, diverso da quello contenuto nel vaccino raccomandato (A/Texas/50/2012).
Se l’ipotesi fosse confermata, anche coloro che si erano vaccinati potrebbero essere stati esposti ai medesimi rischi di chi non aveva fatto ricorso alla profilassi antinfluenzale.
Su questo punto, però, le autorità sanitarie italiane tacciono, laddove sarebbe sufficiente incrociare gli archivi sanitari per verificare se la popolazione deceduta in quel periodo si fosse sottoposta o meno a vaccinazione.
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