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Mercoledì, 03 Lug 2024

Come già avvenuto due settimane fa, a costituire “terreno di scontro” fra un aspirante all’Abilitazione scientifica nazionale (Asn), da un lato, e il Miur, dall’altro, è stato il settore concorsuale 12/G1-Diritto penale. Che al Miur non deve portare fortuna, visto che è risultato ancora una volta soccombente. Nel caso che ci occupa, deciso con sentenza 10 maggio 2017, n.2162 della VI Sezione del Consiglio di Stato, i giudici di Palazzo Spada sono stati aditi dall’appellante per la riforma della sentenza del Tar Lazio-Roma, sez. III, n.3509/2016., concernente mancato conseguimento dell’Asn alle funzioni di professore universitario di seconda fascia appunto per il settore concorsuale sopra indicato.

Con la sentenza di primo grado, il Tar aveva respinto tutti i motivi di ricorso e il motivo aggiunto, imperniato sulla affermata insussistenza dei requisiti necessari di qualificazione in capo al presidente della commissione. L’interessato ha così proposto appello con quattro motivi, contestando statuizioni e argomentazioni della predetta sentenza.

Al riguardo, va premesso che con l’ordinanza n.3350/2016 la VI sezione ha considerato l’appello, a un primo esame, sorretto da consistente fumus boni juris con riferimento al secondo motivo, concernente l’omessa valutazione dei titoli, con particolare riguardo al profilo attinente alla mancata considerazione dell’esperienza didattica maturata e, per l’effetto, ha disposto il riesame del giudizio sull’appellante entro 90 giorni, tenendo conto delle considerazioni svolte nell’ordinanza medesima. Sennonché, la commissione non si è riunita e il giudizio sull’appellante non è stato rinnovato.

Nel merito, il Consiglio di Stato, rispetto alle censure proposte, ha considerato l’appello ”fondato solo in parte, per le ragioni e nei termini, entro i limiti e con gli effetti” di cui andiamo a dire. Il profilo di appello, che il collegio giudicante ha reputato meritevole di accoglimento, si incentra sulla motivazione – oggettivamente carente – del giudizio conclusivo con riferimento alla omessa considerazione degli incarichi di insegnamento e della “consolidata e continuativa esperienza didattica” maturati, e puntualmente indicati dal ricorrente nel suo curriculum. Ciò, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza di primo grado, laddove si è osservato, da una parte, che i titoli riferibili alla attività di docenza, e la lunga esperienza accademica, erano stati presi in considerazione dalla commissione e, dall’altra, che la valutazione, non sufficientemente positiva, circa l’originalità delle pubblicazioni, non poteva in nessun caso essere superata dal dato, di per sé non decisivo, della lunga esperienza didattica maturata dal candidato.

Al riguardo, il collegio ha ritenuto di dover premettere che nei criteri deliberati dalla commissione era stato deciso che la medesima, pur dovendo attribuire un rilievo particolare alla qualità della produzione scientifica, avrebbe tenuto conto anche dell’attribuzione di incarichi di insegnamento e dell’attività didattica e di ricerca scientifica svolta. Ciò posto, scrivere, nel giudizio collegiale, che il candidato “è ricercatore universitario dal 2001” non significa, secondo il Consiglio di Stato, dimostrare di avere preso in considerazione, ponderandoli, gli incarichi di insegnamento e le altre esperienze didattiche puntualmente indicati dal ricorrente nel suo curriculum.

L’intera valutazione effettuata dalla commissione, infatti, risulta concentrata sulla produzione scientifica e, in particolare, sulle due monografie, mentre nulla viene detto sulle attività di insegnamento e sulle esperienze didattiche maturate nel corso degli anni, come invece richiesto dalla normativa e dai criteri che la commissione avrebbe dovuto osservare.

Da ciò è scaturito l’accoglimento dell’appello, onde per una corretta attuazione del giudicato la commissione dovrà riformulare il giudizio entro 60 giorni dalla comunicazione ovvero notificazione della sentenza,” anche sulla base di una valutazione specifica e analitica dei titoli diversi dalle pubblicazioni, motivando sul punto e tenendo comunque conto delle considerazioni svolte in sentenza”.

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