Per molte scienziate del passato era pericoloso lasciare intendere che l'appartenenza di genere prevalesse sull'identità professionale.
Qualche esempio?
Nella vita di Christiane Nüsslein-Volhard, biologa molecolare, vincitrice del Nobel per la medicina nel 1995 (qui fotografata tra le ninfee, a fine carriera), come in quella di Lise Meitner, scopritrice della fissione nucleare, non si trova traccia di sessualità, ma solo profonde amicizie con alcuni colleghi e fedeltà ai propri maestri.
Questa "neutralizzazione" era comune soprattutto tra le ricercatrici più brillanti. Alcune erano riluttanti persino a concedere interviste ai giornali, per evitare domande personali che spesso si fanno alle donne.
Rosanna Cester dirigeva l'esperimento "Charmonium" e era a capo di quattrocento ricercatori al Fermilab di Chicago. Era sposata con il fisico Tullio Regge e rifiutava dichiarazioni pubbliche per mantenere separata la sua vita privata da quella professionale.
Far intendere che l'appartenenza di genere incideva sull'identità professionale ha minato molte carriere. Evelyn Fox-Keller, matematica e biologa di grande esperienza, ha perso credibilità in ambito scientifico negli anni Ottanta, dopo aver utilizzato il proprio spirito critico per analizzare la situazione delle donne nella ricerca e le metafore sessiste presenti nel linguaggio scientifico.
Oggi, per fortuna, le cose sono cambiate e si percepisce una maggiore tolleranza, ma le critiche alle donne di scienza sono sempre in agguato.
Per approfondire: “Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie”, Ledizioni 2023.
Sara Sesti
Matematica, ricercatrice in storia della scienza
Collabora con l'Università delle donne di Milano
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