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Mercoledì, 03 Lug 2024

di Adriana Spera

Chi sperava che la legge di conversione del decreto cosiddetto “anticrisi” avrebbe attenuato gli effetti nefasti sulla busta paga dei pubblici dipendenti è rimasto fortemente deluso.

Anzi, il provvedimento, licenziato a colpi di fiducia dal Senato lo scorso giovedì, è diventato ancor più penalizzante.

Infatti,  i senatori del Pdl e della Lega Nord hanno innanzitutto ribadito, approvando il maxiemendamento del governo, che per il triennio 2011-2013 “il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio...in ogni caso non può superare il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno (il 2010, ndr) per progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio”.

E’ stato altresì confermato il blocco della contrattazione nazionale dal 2011 al 2013, senza alcuna possibilità di recupero futuro di quanto sottratto e che “per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate e i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013” avranno effetti per i predetti anni ai soli fini giuridici.

E’ auspicabile che gli enti nei quattro mesi mancanti alla fine dell’anno attivino rapide procedure per concludere le selezioni interne sia per progressioni di livello che economiche, al fine di ridurre i gravi danni per il personale. Ma le dolenti note sono molto parzialmente attenuate dalla decisione presa dalla Funzione Pubblica con una circolare apparsa in Gazzetta giovedì scorso, con la quale Brunetta è stato costretto a rinviare al 2014 l’aberrante norma, contenuta nel decreto legislativo n. 150/2009, in base alla quale dal 2011 il 25% del personale avrebbe avuto una quota doppia di salario accessorio; l’altro 50%  avrebbe continuato a prendere quanto percepito fino a oggi e il restante 25% si sarebbe visto azzerare il compenso, che incide in media per circa il 30% sul totale stipendiale.

Il rinvio è stato adottato obtorto collo da Brunetta in quanto a stabilire l’ammontare delle risorse  da destinare al salario accessorio devono essere i nuovi contratti, che, come detto, sono stati bloccati fino al 31 dicembre 2013.

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